Meridian non è l’eroina di un popolo in rivolta, non è la paladina delle donne o degli afroamericani.
Meridian cade e sbaglia come tutti. Ma il suo massimo splendore è
affrontare l’arco temporale della sua vita vivendo nel solo modo in cui riesce a vivere: senza mai tradire se stessa. Questo la porta a lottare per i diritti civili suoi e delle persone con cui è cresciuta e al contempo a prendere le distanze dal suo mondo, a decidere di rifiutare il corso naturale delle cose alla ricerca di una vita migliore. Abbandona il figlio per non ripetere la vita di sua madre, che rimane a galla nella frustrazione e nell’odio cresciuti in lei per quello che sarebbe potuta essere. Meridian ama, ma quando capisce che non è amata abbastanza si allontana. Non abbassa mai quell’asticella che ha stabilito per la sua vita. Anche se questo la porterà ad essere sola. Naturalmente soffre, moltissimo e per questo impara a comprendere la natura umana più di chiunque altro intorno a se. Più di Truman, più di Lynne.
Alice Walker scrive Meridian nel 1976, è il suo secondo romanzo che definisce una “meditazione sul moderno movimento per i diritti civili”, di lì a poco verrà Il colore viola con il quale vinse il Pulitzer, ma il seme di ciò che sarà è già germogliato: la scoperta di essere diversi agli occhi del mondo, le discriminazioni, la paura, il dolore, l’amore. Meridian edito da BigSur e tradotto da Andreina Lombardi Bom continua a tracciare la via che prima e dopo di lei è stata percorsa da Zora Neale Hurston, Toni Morrison, Maya Angelou, Octavia E. Butler, Audre Lorde. Dove tutte continuano a chiedersi: in questo mondo si può prescindere dal colore della pelle? E la risposta amaramente è: no. Non Ancora.