Il suo è stato un lavoro intenso, lungo, faticoso, scrupoloso, con lo studio di centinaia di pagine e volumi, con antologie di tutte le regioni.
Pier Paolo Pasolini è stato anche un grande antologista. Nel 1952 pubblica Poesia dialettale del Novecento con Mario Dell’Arco, pseudonimo dell’architetto Mario Fagiolo, per l’editore Guanda, una antologia di testi con traduzione italiana a pie’ di pagina e un prezioso lavoro introduttivo. Negli anni successivi si occupa di raccogliere e selezionare i testi per il Canzoniere italiano, Antologia della poesia popolare, che vedrà la luce nel 1955. Una raccolta di 791 testi, un viaggio nelle regioni italiani attraverso la poesia popolare, con una introduzione che è un capolavoro della letteratura. Nella prima parte Pasolini “ripercorre storicamente, ma con forti innervature teoriche, la vicenda culturale europea … nella seconda parte – intitolata Il problema – … Pasolini tratta della questione dell’origine della poesia popolare: ma non dell’origine <<in senso storico e geografico>> … sì invece dell’origine come <<atto poetico>> o come <<inventio>>”, scrive Alberto Mario Cirese.
Nelle ultime pagine dell’introduzione, Pier Paolo Pasolini analizza il problema delle trasformazioni socio-culturali e afferma “non sussiste dubbio, comunque, che, salve le aree depresse, la tendenza del canto popolare nella nazione è a scomparire” poiché “il popolo moderno … cosciente di sé in quanto classe … tende ad abolire l’irrazionale soggezione in cui per tanti secoli era vissuto: tende ad essere autonomo. Autosufficiente nell’ambito ideologico: a dissimilarsi”. E sottolinea però “poiché non bisogna dimenticare che le armi di diffusione dell’ideologia della classe del potere … sono immensamente potenziate: e la loro influenza, nel popolo, è di condurlo a prendere l’abito mentale e ideologico di quella classe: ad assimilarlo”.
E conclude “Dissimilazione, dunque, e insieme assimilazione, tra le due culture: con una frequenza intensissima, insieme di simpatia e di lotta, del <<rapporto>>. La poesia popolare, come istituzione stilistica in sé, è in crisi. La storia in atto”.
Un’opera monumentale quella di Pier Paolo Pasolini che la critica del tempo non considerò. In una lettera Italo Calvino, dopo la prima lettura del Canzoniere Italiano, scrisse a Pasolini “La tua scelta è di una grande intelligenza poetica … poi c’è la prefazione … Ci sono quelle specie di ritrattini delle varie regioni attraverso i loro canti, che sono bellissimi … Lo scavar fuori la poesia dai testi più rozzi e avari è l’esercizio critico principe, e quello che insegna di più”.