La torre diroccata annuncia il temporale che da sud sta per arrivare, il bagliore dei fulmini colora il cielo di nuove inquietudini.
L’acqua scenderà dal cielo con tutta la sua volontà di bagnare la terra arsa dal sole, scaricherà la sua energia, svuotando nubi che attanagliano il cuore, nere come presagi di infelicità.
La roccia scavata, sottratta a se stessa, da un lento incessante logorio. Vento e salsedine, pioggia e mare impetuoso, polvere dopo polvere, lavorano da secoli per riprendere spazi, avanzare, mentre il sole per questa giornata ha smesso di illuminare pietre e litorale.
Scenari inconsueti per questi giorni, come luoghi abbandonati con necessaria sollecitudine, con urgente volontà di sfuggire all’inevitabile temporale che arriverà. Il suono dei tuoni sempre più forte, sempre più vicino, lo spazio temporale ridotto con il bagliore dei fulmini, avvertono che è questione di pochi minuti. Sulla spiaggia deserta non restiamo che noi, i piedi bagnati dal mare, in attesa di acqua torrenziale che lavi via la polvere dei giorni.
Un attimo sospeso in cui il cielo sa di non reggere più il peso dell’acqua, anche il mare aspetta con lievi onde pronte a cullare infinite nuove gocce. Ed eccola la pioggia attesa, prima piccole e leggere, quasi ancora capaci di tornare indietro, poi più insistenti e pesanti, come fiumi che han rotto gli argini. Acqua a lavare, cancellare, scavare, insistere, svuotare, alleggerire, rivelare, scoprire, bagnare, irrompere.
Quando il cielo si fa grigio le nuvole sul cuore confidano torni presto il sereno.