Sentire gli applausi, un pubblico che batte le mani, accordandosi su un unico ritmo, un teatro intero. Le poltrone occupate in ogni ordine.
Duemila persone, mascherina Ffp2 e super green pass. Platea e palchi, il rosso velluto scompare dietro i corpi eleganti. La Scala e la sua prima nel giorno che precede Sant’Ambrogio, festa a Milano. Per fortuna la diretta televisiva consente visioni sul mondo.
In scena Macbeth, l’opera di Giuseppe Verdi, diretta dal maestro Riccardo Chailly, regia di Davide Livermore. Luca Salsi, baritono, è il protagonista, al suo fianco Anna Netrebko, russa, soprano, Francesco Meli, tenore, è Macduff e Ildar Abdrazakov è Banco.
Sul palco le ambizioni umane in un tempo attuale, contemporaneo. Le scene di Giò Forma fra grattacieli e strade, ascensori e cornicioni, scale e sullo sfondo proiezioni video D-Wok. Molto televisivo e coinvolgente, moderno per un’opera sempre attuale. Balletto e costumi smorzano i toni scuri delle ambientazioni. E che musica, che voci, che presenza scenica.
Due spettacoli diversi, per il pubblico del teatro e quello televisivo, due mondi che dovrebbero dialogare ed incontrarsi ma puristi e innovatori si contrappongono e il divario cresce. La modernità. La contaminazione nelle ambientazioni con omaggio alle architetture del 900, producono un lieve fischio in chiusura a Livermore.
La Scala torna a riempirsi, Milano sorride, lo fa il pubblico. Sorridono i fiori omaggio di Giorgio Armani, mentre tutto torna alla apparente normalità, senza barriere e restrizioni.