Orecchiette con cime di rapa, oppure al sugo? Un secondo di carne? Pesce? Nell’indecisione davanti ad un menù, c’è sempre lui a salvarci.
Il tagliere. Solo salumi? Solo formaggi? Oppure salumi e formaggi? Salse, salsine e marmellate?
Il tagliere è un’arte. Selezionare i prodotti ed abbinarli per il cliente abituale e anche per quello più esigente.
Capocollo, mortadella, prosciutto, lardo, salame, tanti tipi, tante specialità. A volte basta un nome per riconoscerli, altre il luogo di provenienza, in casi più rari un ingrediente che li rende unici. Lo stesso vale per i formaggi, freschi o stagionati, caprini, ovini, vaccini, misti. Ed anche per questi nomi, luoghi, tipi, ingredienti unici.
Un tagliere può essere anche banale, due fette buttate lì tanto per dire che è un tagliere per menu da rifilare ai non intenditori. E può essere una pura esperienza sensoriale. Ma queste prelibatezze non si trovano nell’offerta dei locali tutti uguali che affollano piazze e strade di paesi e città turistica.
Le esperienze sensoriali sono brividi per pochi, e non è facile trovare il posto giusto in cui trovarlo. Cercare un posto intimo, piccolo, con un bancone immenso pieno di formaggi, salumi e vasetti e poi lasciarsi guidare dalle sapienti mani del preparatore, l’unico in grado di abbinare l’inabbinabile. Sceglie, affetta con il coltello, taglia, dispone sul legno con eleganza. Riempie ciotoline di mille e marmellate per poi portarci tutto sotto il naso. Assaporare lentamente e provare un brivido ad ogni nuovo sapore. No, non nei posti uno uguale all’altro. In un posto poco frequentato, ascoltare il preparatore è avvicinarsi al piacere. E tagliere sia, per pochi.