Si inarca la schiena, un sottile piacere come un brivido attraversa il corpo. È un attimo che lascia senza fiato, interruzione di pensiero.
È estasi al primo morso. I sottili strati di pasta sfoglia si sfaldano uno dopo l'altro lasciando spazio alla calda besciamella. Pomodoro, mozzarella e pepe, bilanciano fluide morbidezze. È il rustico leccese. Diffuso più delle chiese barocche, lo si apprezza a tutte le ore. Rustico e pasticciotto, val bene un pasto.
Dalla forma rotonda, dorata in cottura, nasconde fra due dischi di pasta sfoglia un cuore che sorprende il palato con voluttuosa sensibilità. Gustarlo caldo appena sfornato e non riscaldato è d'obbligo per i cultori. Dividerlo in due metà è rivelarne il contenuto come cascata lavica che si adagia su un piatto.
Poesia di sapori, il rustico non conosce rivali nella rosticceria salentina. Prepararlo in casa è solo questione di paziente dedizione. Farina, acqua, burro e margarina per la sfoglia. Besciamella, mozzarella fior di latte, passata di pomodoro, pepe e sale per la farcitura. Stendere la pasta sfoglia è un gioco semplice da dividere poi in comodi dischi, al centro perfettamente equilibrato il ripieno, un disco a coprire e pressione lungo i margini della circonferenza a sigillare. Una spennellata d'uovo sulla superficie e cottura in forno. Poi non resta che mangiarli ancora caldi.
In tutti i bar e nelle rosticcerie della provincia leccese sono presenti, in tutte le stagioni, perché un rustico si consuma anche con 40 gradi di temperatura, sotto un sole cocente nell’ora più calda. Tra un vicolo nel cento storico o su un lungomare, eccolo apparire tra le labbra di un passante.
È un incontro indimenticabile, assolutamente ripetibile.