Le distese verdi di grano nel mese di giugno si trasformano in campi dorati, spighe danzanti sospinte dal vento. Prima dell’ora della mietitura.
Non è tempo di falce, la trebbiatrice aspetta, non è tempo di covoni, l’evoluzione tecnologica ha portato alla separazione immediata dei chicchi da ciò che non serve, balle da destinare alle stalle. Un tempo l’occhio mieteva ancor prima della falce, uomini davanti e donne dietro a legare le spighe, a campo vuoto, sopraggiungevano altri a raccogliere ciò che era sfuggito, bene necessario per affrontare ancora un anno. Sull’aia la pesatura a separare chicchi e paglia, pesantezza che ricade dal cielo contro la leggerezza sospinta lontano da un anelito di vento estivo.
I sacchi di grano nelle cantine all’occorrenza da portare al mulino per riceverne farina, per pane, pasta, dolci, frise. Ma il grano dorato decorticato ha un’altra destinazione, essere protagonista sulla tavola. Granu stumpatu non sarà difficile incontrarlo su un fantasioso menù di un ristorante che propone cibi della tradizione, come non sarà difficile scovarlo in una di quelle sagre da paese, normative Covid permettendo.
Ora lo si prepara tra le mura domestiche in famiglia, ricetta tradizionale con il grano decorticato Senatore Cappelli lasciato in acqua abbondante a riposare per almeno un’ora. Acqua e olio di oliva, per 500 grammi di grano 2500 millimetri d’acqua e 200 di olio.
Si lascia cuocere poi per 45 minuti con sale, pepe, cannella e peperoncino. Infine lo si unisce all’olio nel quale si è soffritto aglio, cipolla o porri.
Il grano pestato è pronto per essere servito, lo si può accompagnare con cavoli soffritti, con cozze o zafferano. Banalmente con sugo di pomodori.
Assaporandolo si ode sulla lingua il fruscio del vento che viene dal mare. È canto di armonia.