Piccoli scampoli di conoscenza di cui nutrirci in questi tempi sospesi.
Pochi minuti per guardare e ascoltare i dieci video (non ancora tutti pubblicati) che il Mudec di Milano ha dedicato a dieci donne che hanno reso grande la fotografia. Diecixdieci, realizzati da Fabrizio Spucches, che raccontano la vita di queste indimenticabili artiste del Novecento.
Inge Morath, la fotografa curiosa del mondo e delle persone, “Nel mio cuore voglio restare una dilettante, nel senso di essere innamorata di quello che sto facendo sempre stupita dalle infinite possibilità di vedere e usare la macchina fotografica come strumento di registrazione”, scoperta quasi agli esordi da Robert Capa che la chiama alla neo nata agenzia Magnum, prima donna a collaborare con loro. Anche se su questo punto le opinioni sono discordanti, c’è chi ritiene sia stata Eve Arnold la prima, scoperta da Henrì Cartier-Bresson, co-fondatore con Capa della Magnum, grazie alla serie di scatti fatti negli ospedali di New York. Eve Arnold aveva appena perso un figlio e per esorcizzare quel dolore decise di fotografare i primi cinque minuti di vita dei bambini nati geli ospedali di New York. Un lavoro potente che mise al centro la grandezza di un gesto e della donna e catapultò la Arnold nell’Olimpo della fotografia.
Tra le diecixdieci c’è Gerda Taro che utilizzò la fotografia come atto politico. Dopo essere stata arrestata in Germania per la sua appartenenza ad un partito di sinistra, scelse Parigi come città d’adozione e lì conobbe Capa con cui diede forma al suo impegno politico attraverso gli scatti. Sempre in prima linea, anche quando scoppiò la guerra civile spagnola. Non ci pensò un attimo, doveva essere lì, per vedere, per capire e per testimoniare ciò che stava accadendo attraverso le sue fotografie. Fu proprio in uno di quegli attimi che perse la vita, sporgendosi da un camion per fotografare un raid tedesco cadde per terra e fu investita da un carro armato.
Impossibile non inserire tra le dieci donne della fotografia del Novecento Tina Modotti, che ancor prima di tutte le altre ha fatto della fotografia il suo impegno civile e politico. In Messico dove ha scelto sempre gli ultimi esaltandone grazia, bellezza e purezza e per il partito comunista di cui appoggiava le lotte attraverso i suoi scatti su El Machete. C’è poi l’incredibile Dorothea Lange, forte, volitiva, inarrestabile, amica della Modotti e anche lei sempre, dalla parte dei più deboli “Sto cercando qui di dire qualcosa sui disprezzati, i vinti, gli alienati. Sulla morte e il disastro, sui feriti, gli storpi, gli indifesi, i senza radici, i dislocati. A proposito di finalità. Circa l’ultimo fosso”.
C’è Cindy Sherman, che ha scelto di essere da entrambi i lati dell’obiettivo. usando ogni sorta di travestimento per prendere alla berlina tutti i cliché legati alla figura femminile. Pin-up, amorevole madre di famiglia, infermiera. Ha raccontato attraverso ogni sorta di bugia la sua personalissima verità. Marirosa Toscani Ballo, figlia di Fedele Toscani storico reporter del Corriere della Sera, sorella di Oliviero e moglie di Aldo Ballo con il quale ha fondato e condotto lo studio di fotografia di design Ballo + Ballo.
Imogen Cunningham, con i suoi infiniti studi sulle magnolie, Lisetta Carmi, diventata fotografa dopo aver rinunciato ad una avviata carriera da pianista per partecipare ad uno sciopero dei lavoratori. Comprò un’Agfa Silette con nove rullini e andò in Puglia con l’amico musicologo Leo Levi, avviando così la sua carriera fotografica e infine la grandissima Margaret Bourke-White, la fotografa delle prime volte. Prima nell’ex Unione sovietica, prima fotografa di Life, prima corrispondente di guerra, prima a scoprire il campo di concentramento di Erla ancor prima dell’esercito, co-fondatrice della rivista Fortune, scattò il primo ritratto di Stalin. Prima, in ogni cosa che ha fatto.