Passi indietro, mentre tutto è bellissimo. Le canzoni, il palco, le luci, i cantanti, tutto è bellissimo in questa edizione del Festival di Sanremo.
Bellissimo ripete Amadeus quando non legge il copione. Bellissimo e si placano le polemiche. Bellissimo attendere la notte per ascoltare le canzoni in gara, perché il tutto è uno show per gli ospiti, conduzione da villaggio di animazione e dialoghi improbabili. Così per ascoltare nella prima serata una delle canzoni più belle, musicalmente, del festival, quella di Raphael Gualazzi, siamo oltre l’una. L’attesa è premiata dal talento del ragazzo e dalla sua Carioca per chi ha resistito all’interpretazione di Almeno tu nell’universo, con un Tiziano Ferro che da super ospite si trasforma in superstecca.
La seconda serata poi un vero tormento, il playback dei Ricchi e Poveri sul palco per oltre un quarto d’ora ce lo potevano risparmiare. Ma Zucchero e la sua performance artistica hanno portato su i livelli di un Festival di Sanremo altrimenti stantio nella mediocrità. Solo Zucchero ci può salvare dalla noia mortale. Quanto ad Albano e Romina, solita solfa, un tono più su Massimo Ranieri. La ‘Dorian Gray’ dello spettacolo italiano Sabrina Salerno sorprende per tonicità e freschezza.
Quanto alle canzoni, oltre Gualazzi, da segnalare quelle di Levante e Irene Grandi. Nota a parte per Il gigante d’acciaio di Gabriella Martinelli e Lula, sezione nuove proposte non accedono in semifinale. Il festival della canzone ‘nazionalpopolare’ non è teatro per le denunce ma per canzoni che parlano d’amore e come canta Fiorello che abbiano ‘u’ nel testo. Peccato. Tutto è bellissimo, il mercato musicale è bellissimo, le canzoni bellissime, gli ospiti bellissimi, le presentatrici bellissime i loro interventi meno, avrebbero potuto scriverli da sé anziché affidarsi agli autori, ma tanto è Sanremo. Minestrone, un po’ di quello e un po’ di questo. Da Festival della canzone al Festival altro. Ciao cantanti in gara. “Non possiamo scegliere se vivere o lavorare. Non possiamo scegliere se vivere o lavorare. Se scappare o morire”. Addio Taranto.