Scoppietta e rumoreggia la legna arsa dal fuoco. Nel timido inverno sulla Murgia barese, il caminetto della masseria resta acceso.
Il tepore pervade l’ambiente e ci si stringe tutti intorno a conversare, verdeca da sorseggiare, mentre il buio cala, “un pullulare di stelle, un’ossessione di luci” illumina la campagna in una “gran pioggia di lucciole”. Il silenzio esterno stride con la voce del fuoco “… e la fiamma guizza e brilla/ e sfavilla/ e rosseggia balda audace,/ e poi sibila e poi rugge/ e poi fugge/ scoppiettando da la brace…” come nei versi di Giosuè Carducci.
Le chiacchierate, non spengono il potere attrattivo di quel fuoco che tutti alimentano portando nuova legna o animando la brace. Quel fuoco che attira lo sguardo suggerisce pensieri, guida nel buio delle disquisizioni inutili, mentre il tempo scorre e perde ogni suo valore. Un ticchettio alla porta, il miagolio di un anziano gatto annuncia l’arrivo di un imprevisto vento. “ Ancora non accesa è la lucerna/ma la stanzetta è tutta chiara, e brilla/a tratti con la fiamma che sfavilla/ come un’occhiata lucida materna./ E mentre il vento strepita di fuori/ e batte alle finestre con dispetto,/ noi c’indugiamo presso il caminetto/ che allegramente scalda i nostri cuori./ I cuori scalda e illumina la faccia/ china nell’ombra sugli antichi alari,/ ed incoraggia i lieti conversari/ ed i pensieri lugubri discaccia”, scriveva Marino Moretti. Così trascorre la serata, e le poesie non sono altro che versi che tutti avremmo voluto scrivere e ci limitiamo a citare mentre la verdeca annebbia la mente e regala impreviste sospensioni di lucidità.