Mi sveglio all'improvviso. Le due di notte. Cerco di riaddormentarmi, ne ho bisogno. Mi giro e rigiro nel letto, chiudo gli occhi, ma non dormo.
Non è la prima volta. La sento arrivare, piano piano. Cerco di non pensarci, o meglio, di pensare alle cose belle che vivo, che ho vissuto e che potrò vivere ancora. Non riesco a fermarla, è arrivata. La paura.
Il buio non mi ha mai spaventata, ma da qualche tempo non mi piace, per me è maligno. Forse - mi hanno detto - inconsciamente lo associo al non ritorno, alla fine di tutto. Non so, può darsi.
Il fatto è che ho una paura esagerata, per mio figlio, per mio marito, per la mia famiglia tutta e per me. E fin qui ci starebbe. Ma io ho paura anche per gli sconosciuti. Non riesco a frenare il rincorrersi di pensieri negativi. Cerco di convincermi che, se mi impegno, se sono positiva, tutto può migliorare. Non ce la faccio.
Non riesco a non pensare a chi non ha di che vivere, a chi non ha casa, a chi sta soffrendo e non ha modo di sfuggire a un destino triste. Chiudo gli occhi e mi auguro di crollare per la stanchezza. Nulla. Ormai i problemi del mondo sono miei. Devo dormire, non posso continuare così. Non posso salvare il mondo.
Cerco di convincermi. Come dice la mia amica Angela, provo a “ingannare la mente”. Con me non funziona. La paura non va via. Le ore passano, è quasi mattina. Provo ad alzarmi, ma non ce la faccio. Non è un buon segno. Lo so, ho bisogno di un* brav*, bravissim*. Suona la sveglia ed è ora di mettersi in piedi e prima di tutto uno sguardo fuori dalla finestra. Finalmente la luce. La vita riprende. Mi rassereno un po’ e le cose cominciano ad apparirmi meno tristi, meno brutte. Della paura rimane un alone. Con la luce ogni cosa mi sembra meno seria, meno difficile. L’impossibile diventa possibile. Il pessimismo diventa quasi ottimismo. Mi dedico alle cose che mi piace fare e la giornata comincia e mi regala tanti momenti belli.