Quando nel 1961 Luciano Foà segretario editoriale di Einaudi riceve il rifiuto di pubblicare l’opera omnia di Nietzsche, si voltò e andò via.
Decise di fondare Adelphi per poter pubblicare tutti i libri che voleva. Claudio Rugafiori gli portò un libro, Tod, Auferstehung, Weltordnung (Morte, resurrezione, equilibrio) di Carl Hentze, sfogliandolo vide un simbolo, un antico pittogramma cinese, due persone che fluttuano sopra una mezza luna crescente, simbolo di morte e rinascita e sceglie quel simbolo per la sua nuova casa editrice.
Qualche decennio prima un ragazzino di 14 anni decide di fondare la Glf Giuseppe Laterza e figli. Inizialmente si trattava di una cartoleria, pian piano il piccolo Vito coinvolge anche gli altri fratelli, tra cui Giovanni, nasce così il 10 maggio 1901 la casa editrice Laterza con una lettera circolare di Giovanni agli altri soci. Il destino della neonata casa editrice si intreccia da subito con quello di Benedetto Croce che del primo incontro con Giovanni Laterza, scrisse “Nacque allora di colpo in te verso di me una fiducia intera, e questa fiducia, accompagnata da costante pazienza, non tanto mi piaceva per sé stessa, quanto era da me giudicata documento del tuo sicuro intùito, perché avevi saputo leggere nel fondo della mia anima (e di ciò ti ero grato) il mio completo disinteresse, cioè il mio unico interessamento per le cose che tenevo buone e utili”.
Il motto presente nel logo è Costanter et non trepide, scelto perché temeva di non essere né costante né ardito, scritto all’interno di in un labirinto disegnato da Leonardo Da Vinci.
Quando D.H. Lawrence morì nel sud della Francia a Vence, il 2 marzo 1930, un artigiano locale realizzo un mosaico utilizzando ciottoli di mare di colori e grandezza differenti, raffigurante una fenice, simbolo di rinascita. Quello stesso mosaico è stato la fonte d’ispirazione del pittore Carlo Mattioli che nel 1939 disegnò il logo della casa editrice Guanda e che inizialmente fu il nome della collana di poesia diretta da Attilio Bertolucci per Ugo Guanda, che pubblicò per la prima volta in Italia i versi di Federico García Lorca.
Un destino incrociato hanno avuto la Feltrinelli, fondata nel 1954 da Giangiacomo Feltrinelli e la Mondadori nata nel 1919 per volontà di Arnoldo Mondadori. Il logo di entrambe (per Mondadori si trattava del secondo realizzato nel 1969), è stato ideato dal designer olandese Bob Noorda (autore tra le altre cose della segnaletica della metropolitana di New York e di Milano e dei loghi di Agip ed Eni) in entrambi i casi la scelta stilistica essenziale richiama le iniziali dei due fondatori.
“È uno struzzo quello di Einaudi che non ha mai messo la testa sotto la sabbia” scrisse Norberto Bobbio, riferendosi al logo della casa editrice fondata nel 1933 da Giulio Einaudi che riprende il logo della rivista fiorentina La Cultura, chiusa nel 1935 dal regime fascista, accompagnato dal motto Spiritus durissima coquit, lo spirito digerisce le cose più dure, riferimento non troppo velato al contesto storico e politico in cui è nata la casa editrice. Una sua rivisitazione fu utilizzata per la collana Einaudi Tascabili, uno struzzo che corre disegnato da Pablo Picasso e regalato ad Einaudi quando quest’ultimo lo andò a trovare nella sua casa di Antibes.
Un sapere antico e lontano che affonda le sue radici nel nord Europa è il cuore e l’anima di Iperborea, oltre borea, fondata Emilia Lodigiani nel 1987. Scelse la runa degli antenati, simbolo misterioso e rituale che richiama saperi lontani. Poi con gli anni la runa si è trasformata in una penna stilografica, ma resta il sapore di stelle e vento tipico del nord europa.
L’ex segretario generale di Arnoldo Mondadori, Valentino Bompiani nel 1929 fonda la sua casa editrice, decide di pubblicare il Mein Kampf di Hitler, rifiutato prima da Mondadori e sovvenzionato da Mussolini in persona, svelando decenni dopo che fu il professore tedesco Angelo Treves, a proporglielo perché “Bisogna far conoscere chi è Hitler”. Per la sua casa editrice scelse come logo le sue iniziali adagiate sulle pagine di un libro aperto, in seguito le pagine sono diventati i petali di un fiore di loto, simbolo di saggezza e conoscenza.
Quando la nipote di Giulio Einaudi, Roberta e la figlia di Valentino Bompiani, Ginevra, decidono nel 2002 di aprire la loro casa editrice, la Nottetempo scelgono come logo Benino, il pastello dormiente del presepe napoletano. Benino sogna la venuta degli angeli o forse dormendo non si accorge della loro reale discesa sulla terra. Uno stato di profonda immersione e contaminazione tra due realtà, proprio come accade nella lettura.