Il tramonto colora di rosa il cielo, il mare si ingrigisce prima che sia sera, i ragazzi che nulla temono danno gli ultimi calci al pallone.
I grandi sono già in casa, si preparano per ciò che verrà. Ricordi di un’estate che torna quando il pensiero non è l’inverno ma il giorno successivo. “Se non avessi visto il sole/ avrei potuto sopportare l’ombra,/ ma la luce ha reso il mio deserto/ ancora più selvaggio”, scriveva Emily Dickinson, e il deserto non è la sabbia delle dune attaccate alle case lungo la fascia di mare Adriatico, dove il sole tramonta in terra e non in acqua. Colora comunque quel cielo comune, “il carnato del cielo/ sveglia oasi/ al nomade d’amore”, il tramonto per Giuseppe Ungaretti e niente serve aggiungere nell’opera dell’essenziale.
Essenziale come correre sul bagnasciuga inseguendo una palla e passarla al compagno di giochi, quando voci lontane invitano a rientrare. Serpentina alla Ronaldo, si scappa via prima di un tiro che rimbalza sull’acqua acquistando velocità e disegnando traiettorie inimmaginabili, portiere da un lato e gol all’infinito. Ancora una partita ancora una, prima che la spiaggia resti deserta, per poco. Più in la disteso occhi al cielo un uomo. “Sulla pallida spiaggia giacevo,/ solitario dai tristi pensieri./ Declinava al tramonto nel mare/ il sole, gettando sull’acqua/ vivi sprazzi di porpora ardente;/ ed i candidi flutti lontani,/ sospinti dall’alta marea,/ venivan spumando frusciando/ più presso, più presso … / Uno strano gridare, un brusìo/ e sibili e murmuri e risa,/ un sospirare, un ronzare:/ e, frammezzo, un sommesso cantare/ di cune dondoleggiate./ Riudir mi parea le obliate/ leggende, le fiabe soavi/ di tempi remoti, che bimbo/ mi seppi dai bimbi d’accanto,/ allor che nei vesperi estivi/ ci acquattavam sui gradini/ dinanzi alla porta di casa/ per cinguettarci sommessi/ le storie, coi piccoli cuori/ protesi in ascolto, con gli occhi/ astuti di curiosità,/ mentre le bimbe più grandi,/ dalle finestre di fronte,/ tra vasi olezzanti di fiori/ sporgevano i volti di rosa/ ridenti alla luce lunare”, ed è il Crepuscolo di Heinrich Heine.