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Shepard Fairey la speranza nel futuro

Shepard Fairey la speranza nel futuro

I muri sono la prima pagina di una comunicazione virale. Shepard Fairey ha capito ancor prima dei social il potere mediatico

di una comunicazione visiva, immediata e cromaticamente d’impatto. Un modo per veicolare un messaggio socio-politico con una fluidità capace di permeare ogni superficie. Fairey, universalmente noto come Obey ha acquisito una istantanea fama planetaria con la sua quadricromia su Barack Obama, realizzata in piena campagna presidenziale. Quella immagine, rielaborata da una fotografia scattata da Mannie Garcia, divenne il simbolo non ufficiale della campagna elettorale di Obama “Lo volevo forte. Lo volevo saggio, ma non intimidatorio” spiegò Obey. Così fu. L’immagine diventò ben presto virale, a un mese dalla vittoria del primo presidente nero nella storia degli Stati Uniti, di Hope furono venduti 300mila poster e un milione di adesivi. Tutti volevano quella immagine, un volto, quattro colori, il simbolo di un futuro che poteva essere. Lo stesso Obama gli scrisse una lettera per ringraziarlo “Ho il privilegio di essere parte della tua opera d’arte e sono orgoglioso di avere il tuo sostegno”.

L’idea che l’arte urbana debba essere sociale e politica non nasce con lui, ma Fairey-Obey ne cavalca lo spirito, proprio come fa dall’altro lato dell’oceano Banksy. Nel 2015 sconvolto dagli attentati di Parigi in cui persero la vita 137 persone, decise di far sentire la sua vicinanza al popolo francese realizzando su un muro di un edificio popolare nel 13esimo arrondissement il suo Liberté, Egalité, Fraternité con una marianna, simbolo di Francia, contornata dalle tre parole simbolo della Francia. I colori sono gli stessi scelti per Hope: azzurro, rosso, crema e nero.

C’è poi Angela Davis, ritratta più e più volte nella sua carriera. Simbolo di tutte le battaglie femministe e degli afroamericani. La celebra con l’iconica foto in cui l’attivista urla al mondo la sua rabbia con la forza e l’orgoglio che la contraddistinguono in Spirit of independence (2017) un dono fatto all’amico Al Read e alla sua pizzeria Nice Slice. “Al mi ha aiutato in un sacco di modi allora. Ero al verde e Al mi ha fatto lavorare stampando adesivi e magliette per Fellini's Pizza, dove lavorava part-time. Mi ha nutrito quando il suo capo non era in agguato e mi ha salvato dalla fame... È difficile spiegare quanto abbia significato per me avere il sostegno di Al quando i miei genitori e persino molti amici mi hanno detto di abbandonare l’arte e trovare un vero lavoro”.

Obey racconta il suo mondo attraverso immagini dai colori forti, pochi tratti, qualche segno grafico. L’effetto è immediato come nel caso di We the people, defend dignity (2017), commissionato dall’organizzazione no profit Amplifier Foundation che propone ritratti di nativi americani, latini, afroamericani e musulmani. Sceglie il 21 gennaio 2017 per pubblicare le immagini delle tre donne scelte, in concomitanza con la Marcia delle donne su Washington, l’indomani dell’elezione di Donald Trump.

Queste e altre opere di Fairey sono esposte al museo diocesano di Ostuni sino al 1 novembre. La mostra Obey fidelity. The art of Shepard Fairey è  curata da Gianluca Marziani e Stefano Antonelli e prodotta e organizzata dall’associazione MetaMorfosi.

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