In lontananza la colonna di fumo, uno dei tanti roghi dell’estate appena iniziata, sterpaglie che bruciano ed i vecchi tronchi di ulivi morti.
Si perdono alberi, verde, nelle desolate terre salentine, quelle in cui il mare è presenza rinfrescante e niente di più. Nell’entroterra le porte chiuse a mezzogiorno riapriranno l’indomani. Condizionatori a pieno regime per aumentare la temperatura esterna quella in cui non c’è ombra per strada, in campagna. Tutto è secco, abbandonato. L’avventrice solitaria ha macinato chilometri prima di giungere in uno di quei tanti paesi che hanno la caratteristica di essere ognuno il centro del mondo, di possedere cultura e castelli da destinare alle visite dei turisti per mostre improponibili.
L’avventrice nel caldo pomeriggio, il termometro dell’auto segna 39 gradi, ha voglia di un gelato, entra in un bar fortunatamente aperto, saluta ma nessuno risponde, sceglie il tavolo più lontano, e aspetta che qualcuno venga a prendere l’ordinazione. Passano i secondi, i minuti, “sta aspettando qualcuno vero?” sente rivolgersi un’inutile domanda. “No” secca la risposta “vorrei un gelato alla nutella, grazie”. Il tempo di consumare e l’avventrice si precipita fuori, nelle terre desolate, arse, morte, dove il mare non ha insegnato che si sta benissimo sedute al bar da sole. Gli alberi di fico nelle campagne le foglie ingiallite, selezionano frutti da far maturare, il ficodindia non è generoso questa estate concede pochi frutti e tante spine, racchiude stelle nella notte.
Nelle terre desolate le dinamiche restano immutabili. Su un ulivo una gazza osserva il luccichio di una carta dorata trasportata dal vento torrido. Potrebbe scendere la sera, spera l’avventrice e la gazza sorride.