Non chiediamoci cosa sia la poesia, non chiediamoci la parola, ascoltiamo i poeti, quelli laureati e quelli non laureati e comunque Nobel.
Eugenio Montale, poeta, giornalista, scrittore, critico musicale e letterario, nel corso della sua vita ha più volte espresso il suo pensiero sulla poesia. “La poesia è un mostro: è musica fatta con parole e persino con idee: nasce come nasce, da un’intonazione iniziale che non si può prevedere prima che nasca il primo verso. Molto all’ingrosso: la poesia è meno prevedibile della prosa; il prosatore può forse immaginare in partenza «che cosa sarà» la sua prosa, il poeta lo può molto meno. Penso, però, che non lo possa del tutto neppure il prosatore, se è artista (cioè poeta). … Tutto quel che si può dire è che la poesia è un’arte che si è sviluppata storicamente in un certo modo e in certe particolari direzioni. Tuttavia esistono altre arti, altre forme, altre direzioni”.
In una intervista a Ferdinando Camon, Eugenio Montale disse “Io non credo di aver mai scritto un verso per uscire dalla crisi. Beninteso, può darsi che ciò sia avvenuto senza che io me n’accorgessi. Ma penso che tutti i poeti, finché tali, siano sempre in crisi: non è una posizione ingiustificata. Gli altri dicono che i poeti sono pazzi: io dico che pazzi sono i non poeti: è un’ipotesi che mi permetto. Quanto al valore degli emblemi, so soltanto di essere stato ipnotizzato, per così dire, da alcuni animali, oggetti o cose: e li ho fatti ricorrere più volte nei miei versi. Altro non so: la poesia viene da un sottofondo che gli uomini non conoscono”.
Filosofia, arte, politica sono tanti i risvolti della poesia, tanti i legami, le ispirazioni. “L’engagement del poeta è totale, e il poeta, in quanto uomo, può anche (ma non deve necessariamente) aderire a un partito politico; ma il poeta non è certo obbligato a scrivere versi «politici». Può, anzi deve farlo, se l’ispirazione glielo detta. Ma l’impegno sociale non si svolge in una sola direzione obbligata”.
Si può vivere di poesia? È una questione che Eugenio Montale risolve in una intervista a Raffaello Baldini, “Il poeta non può vivere di poesia, non guadagna abbastanza, anzi ordinariamente non guadagna nulla, talvolta spende di tasca propria per pubblicare. Così cerca un mestiere, che senta affine. Il giornalismo può essere uno. È sempre scrivere, è muoversi in un ambiente contiguo”.
Lui per se amava “le strade che riescono agli erbosi fossi dove in pozzanghere mezzo seccate agguantano i ragazzi qualche sparuta anguilla: le viuzze che seguono i ciglioni, discendono tra i ciuffi delle canne e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni”.