Nelle terre paludose lungo la costa adriatica, quando l’autunno aspetta a manifestarsi, sembra vivere in posti sconosciuti, da scoprire.
Eppure in altre paludi, le acque torbide nascondono il fondo, celano mondi sommersi, nascondono storie. Come gli uomini che a volte restano fermi. Lo scriveva Franz Kafka nei Diari “L'uomo è un'enorme palude. Quando lo prende l'entusiasmo è come se in un punto di quella palude vedessimo tuffarsi nell'acqua verde una piccola rana”. L’entusiasmo, motore che sospinge verso alte vette, mete irraggiungibili fino ad un momento prima. Entusiasmo che solo l’indifferenza ferma. “L'indifferenza è il peso morto della storia. È la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che recinge la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scora e qualche volta li fa desistere dall'impresa eroica”, affermava Antonio Gramsci.
Nelle terre paludose, le notti scivolano via e i suoni sono note che parlano di acque scure e melmose dove Narciso non può specchiarsi, non si riconoscerebbe. Nei bacini fluttuano fiori delicati e rari come piccole perle. Un sottile equilibrio regola la vita, nessun elemento esterno può turbare la quiete, nulla sprofonda sul fondo. Ed invece “Tutte le relazioni umane sprofondano nelle paludi della vanità e dell'egoismo”, scrive Sándor Márai.
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