Riposare dopo aver sorvolato lo specchio d’acqua alla ricerca di un pesce da pescare, planato sulla città vecchia sorvegliando i vicoli stretti.
Riposare in equilibrio stabile lungo il profilo della piccola barca ormeggiata nel porto. Prendere il sole in una giornata uggiosa, raggi che penetrano le nuvole e scaldano le piume bianche, e aspettare una nuova avventura. Impegnati in una conversazione sulla giornata, il tempo trascorso, la pioggia che arriverà, il traffico delle auto a scalfire tranquillità, sanno che nessun umano potrà interpretare le loro chiacchiere. In quattro condividono lo spazio in attesa di una nuova missione da intraprendere insieme o separatamente, quattro gabbiani. Un cormorano si immerge, affiorerà a dieci metri di distanza, lunga sospensione come una apnea, per scuotere la testa bagnata, nessuna preda, nessun bottino.
Sul muro che separa la terra dal mare altri gabbiani osservano indisturbati il panorama, un uomo con fare distratto lancia una manciata di pezzi di pane sul marciapiede, troppo pochi per accontentare la vasta platea di uccelli in cerca di cibo. I quattro sulla barca restano indifferenti come se non fosse una necessità urgente mangiare, potrebbero aver scelto di prendere il sole dopo un lauto pasto e godersi la digestione.
La piccola barca ondeggia d’un tratto, piccolo vortice nelle acque quiete. Niente che possa scuotere o preoccupare i quattro amici, tranquilli attendono, chiacchierano, saltellano. Nel cielo un aereo segna una scia bianca, segna una rotta che i quattro amici non seguiranno.