Dove sei, persa in questo grigiore di un cielo sciroccoso in cui le nuvole altro non sono che un velo a coprire il tuo azzurro, e il sole.
Dove è la tua vita? Naviga forse seguendo Rabindranath Tagore? “La nostra vita naviga su un mare/ mai attraversato, le cui onde, /si inseguono l’un l’altra giocando/ a un eterno rimpiattino./ È il mare agitato del mutamento,/ che pascola le sue schiumanti/ greggi, e mille volte le disperde,/ che batte incessante le sue mani/ contro la calma del cielo./Nel centro di questa volteggiante/ Danza di guerra di luce e di buio,/amore, tua è quell’isola verde,/dove il sole bacia la ritrosa/ombra della selva ed il silenzio/è corteggiato dal canto di uccelli”.
Dove è la tua riva, e quale osservi, quale il tuo pensiero di esistenza, quale la tua resistenza. Ineluttabile, eterna? “Come se il mare separandosi/ svelasse un altro mare,/ questo un altro, ed i tre/ solo il presagio fossero/ d’un infinito di mari/ non visitati da rive –/ il mare stesso al mare fosse riva –/ questo è l’eternità”. Questo ti dice il tuo mare grigio quest’oggi? Ha forse ragione Emily Dickinson?
Seduta su uno scoglio levigato dalle onde osservi l’immutabilità del momento, l’istantanea che tutto rende immobile, come un istante che si protrae in eterno.
Ti alzi d’un tratto e vai via, con le parole di Nazim Hikmet, “Ed ecco ce ne andiamo come siamo venuti/ arrivederci fratello mare/ mi porto un po’ della tua ghiaia/ un po’ del tuo sale azzurro/ un po’ della tua infinità/ e un pochino della tua luce/ e della tua infelicità./ Ci hai saputo dir molte cose/ sul tuo destino di mare/eccoci con un po’ più di speranza/ eccoci con un po’ più di saggezza/ e ce ne andiamo come siamo venuti/ arrivederci fratello mare”.