Negli ultimi anni prima di approcciarmi ad un nuovo autore o ad una nuova autrice, cerco sempre di documentarmi sulla sua vita,
sul modo in cui sono nate le sue opere e su quella che era la sua indole, il suo rapporto con la famiglia, la sua posizione politica.
Mi aiuta ad affrontare i libri che leggo con più consapevolezza, a cogliere messaggi tra le righe, a contestualizzare il testo che sto affrontando, e a saziare almeno in parte la mia morbosa curiosità.
Un anno fa durante una sessione notturna di indagini compulsive alla ricerca di storie d’amore laceranti, mi sono imbattuta in questo libro: “Come un incantesimo, Mary e Percy Shelley nel Golfo dei Poeti”.
Ricordo che rimasi piuttosto turbata quando realizzai che non sapevo praticamente niente della loro storia, se non che lui era un famoso poeta, e che lei era l’autrice di Frankenstein, libro che mi guardavo bene dal leggere perché secondo un mio insulso preconcetto “non faceva al caso mio”. Che ingenua.
Eppure quel libro con quella meravigliosa villa in copertina mi chiamava, e c’era qualcosa che mi diceva che sarebbe stato un viaggio senza ritorno.
In questa biografia romanzata Carla Sanguineti si concentra soprattutto sull’amore che ha legato Mary e Percy Shelley: ci racconta il primo incontro, la dichiarazione tra le tombe di Saint Pancras, la fuga clandestina, i viaggi per l’Europa, la notte di Villa Diodati, e infine il suo tragico epilogo.
Essendo una profana degli Shelley, potete immaginare che tipo di effetto ha sortito in me - che sono drammaticamente e irreparabilmente romantica - la struggente storia d’amore tra due delle più grandi menti dell’epoca: mi ha travolta.
Leggere di quella ragazzina così fragile e allo stesso tempo così forte, che decise all’età di sedici anni di voltare le spalle ad ogni certezza per seguire in capo al mondo il poeta che le aveva giurato amore eterno sulla tomba di sua madre, ha pizzicato una corda molto dolorosa del mio cuore.
Non si può rimanere indifferenti davanti a Mary Shelley, una donna che ha camminato tutta la vita con i suoi fantasmi sulle spalle, che ha guardato in faccia i suoi demoni e ci ha permesso di specchiarci in quegli occhi “gialli e acquosi” per scoprire che dentro c’era anche una parte nascosta di noi.
Ma non si può rimanere indifferenti neanche davanti a Percy, che sa farsi amare nonostante tutto, con il suo talento inarrivabile, e l’anima devastata di chi ha tanto da dire e non sa come farsi comprendere.
Imbattermi in Mary e Percy Shelley è stata una delle cose migliori che mi sono capitate l’anno scorso, e probabilmente ad ora li amo in maniera così assoluta proprio perché mi sono innamorata prima di loro come esseri umani.
Mi hanno ricordato che c’è un solo tipo di amore in cui io posso credere: quello senza possibilità di salvezza.