Tra le pietre nel parco della Murgia non è difficile scovarli, nella loro delicata bellezza si elevano dal terreno erboso come piccoli ombrelli.
Sono i funghi cardoncelli, carne dei poveri. Li vedi apparire fin dai primi giorni d’autunno quando gli alberi perdono le foglie e le campagne si colorano di gialli e rossi spenti in contrasto con i verdi brillanti dei prati e delle prime erbe spontanee nate dopo le piogge che hanno bagnato la terra dissetando i campi provati dalla siccità dell’estate.
È un delicato risveglio che si contrappone al riposo degli alberi.
I funghi cardoncelli animano i terreni da ottobre a primavera, dal fresco al sole, da autunno a primavera, da cieli grigi a cieli azzurri. Il fungo tipico della zona della Murgia pugliese, spontaneo o coltivato, occupa un posto di rilievo nella cucina del territorio. Fritto, trifolato, panato, al forno, con ragù, in bianco, con patate, con salsiccia, con agnello, in un buon risotto, crudo in insalata, sulla pizza. Infinite declinazioni. E sulla brace? Carnosità che riempie ad ogni morso.
Ad osservarli sorprendono con le infinite lamelle beige sotto il cappello e il gambo spesso. Al palato poi è dolce. E il suo profumo inconfondibile.
Pleurotus eryngii, questo il suo nome, è noto fin dall’antichità ed è facilmente riconoscibile sulle bancarelle dei vecchi mercati rionali dove ancora si trovano quelli col gambo ricoperto di terra, da pulire accuratamente, prima di consumarli.
Il cardoncello con il suo colore marrone intenso ricorda la terra, brulla. Un ombrello sotto il quale sostare per proteggersi dal sole e dalla piaggia se solo fossimo piccoli insetti. Un ombrello da tenere in mano prima di capovolgerlo in un tegame e la grandine una spolverata di pan grattato.