Grida il nome del suo vicino di scoglio, compagno di pesca distante da lui dieci metri, chiedendo il permesso di prenderne un’altra.
L’altro risponde di sì con un cenno del capo. Ed ecco il pescatore attirare la mia attenzione, prepara l’esca, getta in mare una strana poltiglia, e poi con rapido gesto muove la canna. Ne ha tre di canne. “Ne prendo un’altra, eccola che arriva, eccola la sarda” esclama stringendo nella mano un pesce lungo circa quindici centimetri e dal colore argenteo. Lo depone in un secchio dove sguazzano altre prede della proficua giornata. Il galleggiante di un altro amo va giù, una ricciola.
Canta il pescatore, che non rispetta i canoni del silenzio e della quiete. Lui attira i pesci cantando canzoni della tradizione popolare.
Mentre prepara altre esche intona perfettamente l’acqua de la funtana è mara, mara, ca se nun era mara ed ecco ancora una sardina abboccare.
“Mario ne prendo un altro?” domanda in tono canzonatorio al pescatore sfortunato al quale nessun pesce ha abboccato.
Il tempo di cantare per intero lu ruciu de lu mare e le tre canne hanno altri tre pesci attaccati. Giornata buona con un cielo senza sole ed un mare calmo nelle ore che precedono la sera.
Lui il pescatore canterino non si accontenta del suo bottino, continua a muovere le canne, lanciare cibo ai pesci per attirarli e poi aspetta intonando un nuovo brano, rondinella ci rindini lu mare, e un gabbiano sorvola curioso puntando il secchio rosso con la preziosa mercanzia. Ed ecco ancora due pesci, che non so riconoscere.
Sorride il pescatore alla buona sorte e prima che cali la sera rivela il suo segreto, “canto al mare e i pesci vengono a me”. Ed ha ragione.