Sulle scogliere desolate è finalmente settembre, il mese in cui il mare mi aspetta con le sue calde acque e la sua voce intima, nessun rumore.
Non ci sono le grida dei bambini festosi, nessuna orda di barbari a saccheggiare scogli e sottrarre ricchezze, solo io e il mare che oggi mi lascia osservare anche le vicine montagne albanesi.
Osservo gli spunti di roccia, gli anfratti, le pozze che d’improvviso emettono un nuovo suono con l’arrivo di una onda e l’acqua che sospinta sale su per le pareti per poi riprecipitare con un rumore sordo nel mare. Osservo gli alberi di fico piantati tra gli angoli delle case e i ficodindia cresciuti a pochi passi dagli scogli, decido che quei frutti son tutti per me e ne faccio scorpacciata dimenticando diete e buoni propositi.
L’acqua salata mi invita ad una nuotata e l’Albania è lontana da raggiungere seppure sembra vicina, come una meta possibile e raggiungibile a poche centinaia di bracciate. Non è così, l’orizzonte inganna la vista ma chi è abituato a misurare distanze sa bene che a nuoto non ci si può arrivare.
Dallo scoglio una bella di notte fucsia si apre al calar del sole, le ore nel silenzio di settembre scorrono col tempo che uno si da. Dal giorno alla sera il mare insegna nuove storie. All’improvviso un piccolo pesce mi nuota accanto, mi sfiora quasi, sembra voler giocare. Una barca esce da un piccolo porto improvvisato, lascia una scia dietro di se, prua ad est che sia buona pesca.
Una lucertola assorbe l’ultimo calore mentre un geco va a caccia di zanzare.
Domani,nel tramonto rosso, che sia una buona alba.