Fiori di canale li chiamano qui, li vedi crescere nei mesi che anticipano la primavera lungo i bordi delle campagne, lì dove non passa l’aratro.
Il loro è un profumo intenso, pungente, di miele, riconoscibile tra i tanti che, in questi giorni in cui il sole scalda le guance asciugando le lacrime invernali, affollano lo spazio lasciato libero dall’uomo.
In questa terra che ha rinunciato al suo oro e attende speranzoso un ristoro, il narciso è bellezza da contrapporre all’oliveto arso da fastidiosi batteri. Lo si trova in tutta Italia, pianta tipica mediterranea. Ai margini della Padula Mancina i narcisi sembrano vogliosi di specchiarsi nelle acque, competere con il cielo e le piccole nuvole.
Sullo stelo, rigido e carnoso, alto anche 20 centimetri si poggiano in sommità i fiori da 2 a 15. Una piccola coppa giallo intenso è il centro di una corona di cinque-sette petali bianchi che si allargano verso l’esterno.
Oscillano i fiori lasciandosi carezzare dall’amico vento, che spinge lontano il loro profumo. Narciso tazzetta attende di essere colto, nel vaso sul tavolo resiste alcuni giorni. La sua è battaglia di resilienza, lascia che i suoi fiori secchino lentamente, uno dopo l’altro, perché vita si prolunghi una volta reciso.
Non sembra pavoneggiarsi, nella sua umile bellezza sa di non avere rivali in questo specchio d’acqua, lui che fiorisce in febbraio e lascia marzo ed aprile ad osservare le sue lunghe foglie. I bulbi sotto terra resisteranno un’estate e un autunno per tornare ancora sui bordi. Tornare e regalare ancora, a te, l’inconsistente sensazione di essere solo al mondo a godere di tanta grazia. Narciso tu e non loro.