Luna, luna otrantina, chissà quante storie hai visto tu. Già chissà quante ne hai viste. Sotto di te, nella scia argentea che lasci sul mare.
In quella scia banchi di pesci si rincorrono, si inseguono, giocano a nascondino fra le pieghe increspate del manto blu cobalto. Come questa notte in cui aspetto un tuo cenno, un segnale luminoso, una luce di un faro che indichi la rotta da seguire.
Luna, luna otrantina la speranza è appesa ad un oleandro. In questo giardino, affacciato sulla scogliera, alberi di fico promettono bontà per la colazione, i fichi d’india aspettano l’alba, per essere colti nell’umidità di un mattino di settembre. Nella scia argentea una barca drizza la prua, punta a sud verso il mare aperto, pesci da raccogliere nelle reti, lì accanto ai bidoni di plastica. Chissà se avranno mai pescato anime dimenticate dall’ipocrisia universale.
Luna, luna otrantina da questo avamposto sull’alta roccia osservo il tuo dolce cullare mentre lentamente percorri un arco del cielo, presto sarai sommità. Potessi tessere il filo d’oro farei un nastro che mi leghi a te. Mi limito a guardarti senza un telaio al quale lavorare, solo i miei occhi per vedere i tuoi crateri.
Luna, luna otrantina. Resterei qui la notte ad osservarti, a perdermi nelle tue trame. Ad ascoltare la tua voce mentre racconti tutto ciò che hai visto, tutto ciò che sai, le storie dei pescatori, quelle dei delfini, dei saraceni venuti dall’oriente. Luna, luna otrantina, le notti di Puglia sono lunghe, troppo lunghe a finire. Ed io resto qui a farti compagnia finché non albeggerà.