Nuotare in un mare senza fine, che l’altra riva oggi non la vedi. Oggi che è scirocco. Nuotare e andare oltre le proprie bracciate.
Respirando aria, ossigeno, da non temere, qui dove azzurro e blu si fondono, qui dove il verde è acqua marina. Occhiali per guardare giù il fondo, scoprire letti di fiumi, ciotoli levigati, osservare pesci, salpe, cefali, in allegre scorribande. Non pensare al fondo, quel fondo della vita di ognuno di noi. Non pensare al fondo di una stiva carica oltre l’inverosimile di materiale umano, lì dove l’umanità scompare e resta la materia.
Risalire in superficie trovare il cielo ad accoglierti. Vorrei volare ma resto a nuotare. Bracciata dopo bracciata dimentico il peso dei giorni vissuti, ascolto solo il silenzio da contrapporre alle tante parole vuote che ascolto da tempo interminabile. Nuoto. Nessuno ti urta senza chiedere scusa nella solitudine di un mare che ti culla con le sue dolci onde.
Nuotare per recuperare le proprie energie, la propria vitalità, prima che arrivi il solito autunno a cullarti con letti di foglie sospinte dal vento. Letargo.
Qui dove il sole si ritira lentamente leggera mi lascio trasportare dalle onde, verso riva, quando nuotare è recuperare posizione. Il vociare dei bagnanti restii al moto ondoso è segno che anche le infinite goccioline spumose rendono allegri.
È un vociare che non disturba questo silenzio cercato, qui lontano dagli scogli, nel mezzo che mezzo non è. Qui infinitamente piccolo eppure infinitamente immenso, parte di un universo.
Il gabbiano pesca veloce una sardina, si riposa poi dopo il pranzo sulla riva.
Quanto tempo avrò passato qui in questo mare quest’oggi? Osservo da lontano i balconi delle case. Un cenno mi segnala che è ora di tornare. Lascio tutto in quest’ultima nuotata del giorno. Aspetterò la luna. Sarà piena.