Quasi non ci credo, ho trovato una crepa qui sull’asfalto e finalmente ho potuto affacciarmi al mondo. Ancora una volta.
Con attenzione, perché lo so che passerà un trattore a stritolarmi. Una battaglia che combatto da tempo. Eppure sembra tutto così diverso, ci ho messo giorni per arrivare alla luce e di trattori neanche uno, nessun vibrare assordante, nessuno scarico nauseabondo. Come se il mondo, lì, oltre l’asfalto fosse morto, anche se ho visto volare una cicogna forse diretta alla palude che dista solo pochi metri. Me ne ha parlato la formica che anche lei non vede mezzi meccanizzati da tempo, mi aveva detto che se solo fossi riuscita ad arrivare fin lassù avrei visto un paesaggio diverso da quello che ricordavo. Ed ora che sono qui tra il caldo rovente dell’asfalto noto con piacere che tante altre mie simili, delicate foglie d’erba, colorano la carreggiata della stretta strada di campagna. Declinazioni di sfumature di verde intorno a me.
Osservo un campo di papaveri rossi, di delicata bellezza, con il loro capo leggermente piegato, tutti nella stessa direzione, verso il sole che ha iniziato la sua rotta di discesa ad ovest. Sì, non è lui che si muove, me lo ha spiegato un’ape intenta a succhiare polline da una calendula, è la terra che gira. Ma io la terra, questa terra la vedo immobile, soprattutto adesso che non si vede traccia d’uomo. Non un solco d’aratro, non un secchio di spazzatura. Accanto ai papaveri non crescono fave in questa primavera, ma una lunga distesa di calendule, arancio intenso.
Non vedo i muretti a secco a segnare confini fra i tronchi di ulivi, borragine dai fiori a stella azzurri e gialli contendono spazi ai dilaganti forasacchi. Mai visto uno spettacolo così. Due gazze chiacchierano, raccontano di uomini relegati nelle case, di come la natura stia respirando. Qui, in questa fessura di asfalto, ascolto il vento serpeggiare tra le fronde, carezzare i fiori, far suonare canne lungo i canali in cui si ode lo scorrere dell’acqua. Ascolto gli uccelli dialogare, le lucertole farsi spazio alla ricerca di una pietra scaldata dal sole. Gli asparagi selvatici non sono mai stati così numerosi, tra timo e finocchietto. Il rosa acceso della malva si alterna al giallo intenso dell’iperico. Le rondini volano di prato in prato, i passeri spiano dai rami movimenti impercettibili tra l’erba. Una gabbianella attende invano un gatto che le insegni a volare.