L’uomo delle carte, lo sguardo spento, la pila di fogli da controllare, il corpo sfiancato. Non un fremito, un guizzo, George è intorpidito dalla sua grigia vita.
Assomiglia all’illustratore che lo ha disegnato, ha i capelli rossi e gli occhi azzurri anche se il corto è in bianco e nero. Il sorriso verrà poi.
Il vento gli porterà un refolo di vita, con un foglio. La pila non è la sua, è di lei, Meg. Si guardano, si trovano, ma subito si perdono.
Il destino li aiuta, lui la rivede, i fogli diventano aeroplanini di carta, il destino non sbaglia.
Lui incontra lei, lei incontra lui e finalmente George e Meg sono.
Con Paperman, un cortometraggio di 8 minuti, John Kahrs vince un Oscar nel 2013.
La poesia di Kahrs è la stessa di A bug’s life e Ratatouille, Toy Story 2, Monster & co, film Pixar ai quali ha lavorato. Quando approda alla Disney realizza il suo corto mettendo in scena una piccola poetica storia d’amore.
Sceglie una narrazione visiva mostrando ciò che accade, senza raccontarlo. Saranno il rossetto di lei sul foglio di lui, i mille aeroplanini per le strade di una New York degli anni Quaranta, lo sguardo di lei a parlare di amore. Non una sola parola, ma la storia è tutta lì tra i grattacieli di Manhattan.
Kahrs racconta una storia che può essere la sua, come quella di chiunque altro, ricorda quando viveva a New York, quando cercava una connessione con sé stesso, quando sapeva che da qualche parte c’era qualcuno pronto ad amarlo e lo riporta su un foglio, dove parlano le immagini.
Lascia la Disney l’anno in cui vince l’Oscar e realizza un altro piccolo capolavoro Age of Sail, cambia il tratto, ma la poesia resta.
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