Di primo mattino c'è una cosa che mi piace fare e che mi fa stare bene, guardare e toccare le mie piante.
Apro la portafinestra, esco e sul balcone faccio la mia passeggiatina rilassante.
Qualche giorno fa mi accorgo che uno dei miei cespuglietti mi ha regalato dei fiori piccolissimi e bellissimi, perfette miniature che mi hanno messo di buon umore.
La mia giornata è cominciata con leggerezza e non so per quale ragione o collegamento, mi è tornato alla mente un giorno di tantissimi anni fa.
Dopo tanto girare per i luoghi verdi e rigogliosi dell'Umbria, nei pressi di Gubbio, ci siamo fermati in un posto sperduto di quella zona. Eravamo in quattro, io, mio marito - all'epoca non lo era ancora - e due amici. Abbiamo visto uno spaccio e, data l'ora, abbiamo deciso di fermarci lì per pranzo.
Tutto intorno terreni coltivati, un boschetto e segni di vita contadina, uno di questi un recipiente dove avevano appena finito di fare il sapone.
Ci ha accolto un contadino. Il suo volto faceva pensare a una vita frugale, genuina e di serate trascorse con un bicchiere di vino davanti al fuoco.
Ci ha accompagnati in luogo spartano, dove quattro amici a un tavolo giocavano a carte e bevevano vino - ci avevo visto bene - mentre dietro a un bancone qualcuno armeggiava.
Ci siamo seduti su sedie recuperate dal retro intorno a un altro tavolo di fortuna.
Eravamo tornati indietro nel tempo, quando ogni spazio, pur senza pretese, poteva diventare un punto di aggregazione. Ho provato una sensazione che non so spiegare, ma che mi ha fatto sentire ben accolta, in pace.
Questa piccola stanza, nella sua semplicità, era un rifugio accogliente.
Abbiamo mangiato pane con formaggi e salumi e bevuto del vino. Tutto rigorosamente prodotto da loro e per uso familiare.
Mentre mangiavamo e bevevamo allegri e spensierati abbiamo espresso tutti e quattro il desiderio di tornarci.
Abbiamo chiesto la loro disponibilità per un altro giorno, ma ci è stato risposto che non preparavano pranzi per estranei. Immediatamente dopo, però, la gentilezza e il calore di questo contadino si è palesata.
L'indomani, giorno di festa, avrebbero preparato per la famiglia tagliatelle al sugo e pollo ruspante cotto alla loro maniera. Ci ha chiesto se il tutto fosse di nostro gradimento, in questo caso ci avrebbe ospitato.
Noi abbiamo accettato con piacere.
Il giorno dopo, all'ora stabilità eravamo lì.
Il contadino ci aspettava su una sedia, con dei pantaloncini e una canottiera bianchissima - forse lavata col sapone fatto da loro - e appena ci ha visti ha gridato con gioia a chi era in casa "sono arrivati!". Il pranzo si poteva servire.
Ancora oggi mi commuovo a pensarci. Lì è venuta fuori tutta la bellissima semplicità di questo signore e la contentezza di avere ospiti venuti da fuori, di condividere un momento di festa con degli sconosciuti nei quali aveva riposto la sua fiducia, a naso. E con il desiderio di aprirsi agli altri, di accontentare e di accogliere, di includerci nel proprio contesto familiare e di donarsi.
L'incanto di una conoscenza nata per caso e abbracciata con gioia.
Un giorno indimenticabile, forse uno dei momenti più belli di quella vacanza.
Nel ricordarlo provo gioia e nostalgia insieme per quel che è stato un piacevole incontro inaspettato e per questo ancora più bello.
Mentre ricordo sono ancora davanti alla mia pianta grassa con i suoi primi bellissimi fiorellini. Li sto sfiorando per accarezzarli, pensando "grazie per avermi portato, non so come e perché, in un momento del passato felice e spensierato".