Cosa resta della pizzica di Ugento, di quelle sonorità avvolgenti che portano a muovere i piedi? Ahi ahi il mio cuore, bello l’amore.
Resta la purezza dell’esperienza, della tradizione, quella orale, tramandata di padre in figlio. Resta una voce, quella di Daniele Colitti, leader del gruppo I Calanti, pura, schietta, priva di fronzoli, facilmente riconoscibile nella sua chiarezza e pulizia. Non servono acuti improbabili, né allungare vocali all’infinito, a Daniele Colitti basta il suono di una voce che riempie le terre arse salentine, attraversa il deserto creato dall’uomo con i valori profondi del duro lavoro. Una voce che conosce le stagioni, il trascorrere del tempo, ed anche le colture e la stagionalità del lavoro contadino, come nel brano Li lupini.
Il nuovo lavoro del gruppo di musica popolare salentina introduce nuove sonorità, è un Varcu, varco aperto nell’esplorazione musicale, attinge dal già ascoltato rielaborandolo. Pone accenti in Pizzica di San Marzano e Zamara, (anche in questa versione la famosa pizzica di Torchiarolo è priva della strofa che identifica l’identità di ciò che pizzica, ndr), propone un nuovo arrangiamento per Caddhripulina e i sospiri di cuore che mi venite andate alla bella mia e sospirate e così si fa l’amore, e per Sta cala lu serenu.
Dopo la intro Donna Calante, 10 brani affidati a Daniele Colitti (voce, tamburello, chitarra classica) Mirco Colitti (voce, tamburello, tammorra, nacchere) Michele Costantini (voce e fisarmonica) Federico De Pascali (voce, mandola e mandolino) Francesco Arnesano (voce e violino).
La mescianza, Rivellinu, Scusati amici cari, Nniculara completano il disco, ma è Varcu brano strumentale a far immaginare corse folli, lotte interiori, sfide improbabili, passato presente e futuro.
I Calanti restano gli ultimi cantori di tradizione e non gli ultimi gaelici, il futuro è Giovannino mentre Annamaria tesse tele invisibili di melodie inaspettate.