L’attesa, gli schermi che segnalano binari, orari dei treni e ritardi. Turisti aspettano il convoglio ferroviario per arrivare alla meta.
Destinazione mare, città, lungo la fascia adriatica. Polignano, Monopoli, Fasano, mare e verdi colline, insediamenti industriali, tutto scorre dal finestrino del treno, piano sequenza. Le chiome degli ulivi i campi arati, i muretti a secco a delimitare proprietà. Nel treno Pop regionale veloce, aria condizionata temperatura diciotto gradi, è facile restare a guardare i panorami. Ostuni osserva dall’alto il traffico ferroviario, bianca città, ed ecco tra le chiome argentate rami secchi. La Xylella commenta con accento bergamasco una donna rivolgendosi al marito. Un gruppo di turisti francesi sceglie dove cenare a Lecce, un ristorante di pesce. Ad ogni stazione chi scende e chi sale, mete raggiunte ed altre da affrontare. Il macchinista consegna la posta, chissà cosa contiene il plico.
Viaggiare, lungo i binari che uniscono luoghi, di stazione in stazione, di tratta in tratta, osservando il terreno, gli alberi, dove la capitozzatura è ormai prassi inutile, inutili fantasmi che non regalano ombre, né sollievo. Un’ora e quarantuno minuti, Bari-Lecce, treno pieno, viaggiano i turisti e gli indigeni, l’auto meglio lasciarla sotto casa. In agosto, la statale 16 meglio non praticarla di giorno.
Ultima fermata, gruppi di turisti abbandonano il treno, bagagli voluminosi, cercano l’ascensore per accedere al piazzale. Ricerca inutile, le scalinate attendono. Welcome.