Hai abbracciato solitudini negli spazi infiniti del girovagare alla ricerca di te, te perduta chissà dove e chissà quando, in un tempo ignoto.
Hai abbracciato aria, di tempeste tra le vette innevate, fredda come la morsa che stringeva il tuo cuore. Gli alberi nei boschi montani non ti hanno cullato con i loro rami pronti a difenderti dalle intemperie, foglie come ombrelli. Hai ignorato le loro carezze per restare sola, con te, e nell’ombra al riparo della luce non ti sei vista tra le rughe della corteccia. Sei andata oltre i sentieri e le valli e sei giunta al mare ma non eri tra i granelli di sabbia, né tra le rocce della scogliera, non eri acqua di mare che scivolava via dalle tue mani, dal tuo corpo, dalla tua pelle, né l’onda che cerca la terra. Hai abbracciato solitudini che vagavano come te, con l’anima in pena, tra paesaggi sconosciuti o divenuti tali ai tuoi occhi, nella “memoria che si sfolla”, non ci sono cicale che cantano in questo mese che il caldo strozza.
Ed ora nello specchio guardi una persona che non conosci, che non sei tu, estranea lei sa tutto di te e di lei tu ignori tutto. Vorresti ti abbracciasse, essere moltitudine, colmare il tempo del girovagare, aprire spiragli dal quale spiare il mondo frenetico che non coglie il tempo e lascia che scorra inesorabile. Nello specchio per un attimo ritrovi uno sguardo amico, la te che si è assentata, perduta nella solitudine dell’esistenza. Pronta ora sì a tornare lucida, fiera, viva. Resistenza, esistenza, resilienza, intelligenza. Specchiandoti ora ti rivedi, ciao o addio. È tempo di scegliere, se restare nella solitudine o tornare moltitudine.