Tra le mura possenti il passato torna presente, la storia si racconta attraverso la voce dell’archeologia. Di reperto in reperto.
Antichi Popoli di Puglia - l’Archeologia racconta, è la mostra al Castello Svevo di Bari. Di sala in sala, di teca in teca, i reperti, oltre seicento, raccontano la storia di Puglia dall’VIII secolo a. C. all’età dell’imperatore Augusto. Dai Iapigi all’arrivo dei Greci nella colonia di Taranto e le tre civiltà che ne seguono. Dauni al nord, Peucezi al centro e Messapi al Sud.
Il racconto si sviluppa di sala in sala, di passo in passo, lento come il tempo, come la fessura nel vaso. Corredi funebri, storie di popoli che si incontrano e si scontrano, civiltà che si evolvono seguendo il dialogo, la contaminazione, la condivisione.
Il vento bussa ai vetri di una finestra bifora sul lato del mare, nella sala è la policromia delle ceramiche dell’ipogeo Varrese di Canosa di Puglia a sorprendere, di rosa e di azzurro, colori da contrapporre al nero dei vasi di Cavallino e la donna che suona un aulos d’un tratto resta muta.
Antichi Popoli di Puglia - l’Archeologia racconta a cura di Massimo Osanna e Luca Mercuri, unisce passato e presente attraverso oltre seicento reperti, molti dei quali non visibili altrimenti al pubblico, provenienti dai musei archeologici pugliesi. Le teche proteggono gli oggetti ma non li silenziano, la loro voce è ben udibile oltre le barriere, si propaga tra le stanze narra un passato che ci appartiene. Nell’ampia sala multimediale, ricostruzioni di battaglie e vasi che si animano, si ode la voce di Francesca Licci intonare un canto funebre e poi una ninna nanna in grico. E un dubbio si affaccia tra stele e lingua.
Dai corredi di Canosa al centurione di Noicattaro, dalle policromie daune al melograno di Egnazia. È un incedere lento, di sala in sala, nella storia.
La mostra resterà al Castello Svevo fino al 14 maggio.