Arriva con la macchina fotografica al collo, gli zoccoli ai piedi che ne preannunciano l’arrivo in quel mondo maschile e brutale e scatta.
“Ho fotografato in tutto il mondo, ma fuori da Palermo le foto mi vengono diverse. Qui c’è qualcosa che mi appartiene, o io forse le appartengo. Ho fotografato la cronaca di questa città, io non ho fatto arte, ho fatto un lavoro, duro, anche spietato, per diciannove anni. E nella cronaca c’era di tutto, processioni, partite di calcio, feste dei ricchi, mai un capodanno con la mia famiglia in diciannove anni! C’era la spazzatura nelle strade e il concorso delle miss, arrivava Mina e fotografavo pure lei. Anche a fotografare le ragazze in topless a Mondello mi mandavano”.
Non servono altre parole, bastano le sue per spiegare ai pochi che non la conoscono, chi è ed è stata Letizia Battaglia. È nel corpo e nell’anima di tutto ciò che ha fatto, è nella cultura comune che ci fa sentire nostri i suoi scatti, parti di un vissuto comune. Contenerla in una definizione sarebbe riduttivo, il respiro della sua opera ha raggiunto ogni angolo del mondo. È stata tra le mille donne segnalate per il Nobel per la Pace dal “Peace Women Across the Globe” ed è l'unica italiana inserita dal New York Times tra le undici donne più rappresentative del 2017.
“Mi prendo il mondo ovunque sia” disse una volta e l’ha preso a mani aperte restituendocelo come acqua fredda in faccia, con il rischio di farci annegare in tutta quella vita.
Trani la celebra a un anno dalla sua scomparsa con una mostra curata dai nipoti Marta e Matteo Sollima che hanno scelto trenta scatti in bianco e nero del periodo compreso tra il 1972 e il 2003, dall’Archivio Letizia Battaglia di Palermo. Il risultato sarà visibile a Palazzo Beltrani dal 31 marzo al 31 maggio.
Nel documentario di Francesco Raganato Amore amaro proiettato negli spazi espositivi della mostra dice “Con Palermo c’è sempre stato un rapporto di rabbia, di rabbia e di dolcissima disperazione, la sento malata, la sento piena di problemi, la amo moltissimo e mi fa arrabbiare…io penso che dovrei andarmene, qui ci sono un sacco di contraddizioni, in questo vivere non c’è pace, non c’è serenità. Però io sono morbosamente attaccata a questa città, ancora ho da fare delle cose, capito?”