Amore, quante volte torna questa parola in un testo, più di cuore, di pioggia, di ricordi e di destini, più di vita e di felicità. Meno di te.
Amore come un fiore, “rose rosse per te ho comprato stasera e il tuo cuore lo sa cosa voglio da te. Forse in amore le rose non si usano più ma questi fiori sapranno parlarti di me”. Cantava con impeccabile intonazione Massimo Ranieri, prima di “perdere l’amore quando si fa sera, quando tra i capelli un po’ d’argento li colora”. E se le “rose rosse parlano d’amor, tanti fior in questo giorno lieto ho ricevuti, rose, rose, ma le più belle le hai mandate tu. Grazie dei fior”, e ben altro bouquet nella mano di Nilla Pizzi, e non erano “tulipani, alti, alti, alti”.
Non son rose ma “fiori rosa fiori di pesco, c’eri tu. Fiori nuovi, stasera esco, ho un anno di più”, cantava Lucio Battisti ancora disperato per aver perso l’amore di lei. Fiori per parlare d’amore, passato o ancora vivo, fiori per raccontare un tempo lontano eppure vicino nella regione dove risiedono i sentimenti. Regione che la ragione ignora e non governa, volutamente come linfa per sopravvivere al deserto che l’irreale diffonde. Sarebbe quasi un’utopia lasciare tutto, spostarsi in un luogo immaginato, in due. “Ma volevo fossi mia, mia, mia, mia, mia, mia, mia come se fossi stata tu a aver scelto me solo per rendermi un po’ meno fragile come spezzare un fiore. Ma volevo fossi mia, mia, mia, mia, mia, mia, mia come se fossi stata tu a aver scelto me solo per portarti una notte insieme a me sull’isola delle rose”.