Sono passati cent’anni dal 2 agosto del secolo scorso che ha segnato uno spartiacque nella storia di Bari.
Il giorno in cui donne, uomini e bambini hanno deciso di rivendicare il senso di appartenenza ad una città dichiaratamente antifascista.
Di quel giorno il padre del sindacalismo italiano, Giuseppe Di Vittorio disse “Se almeno mezza Italia avesse potuto resistere, lottare e vincere come Bari, come Parma, come Roma e altre città, il fascismo non sarebbe mai arrivato al potere in Italia. Alla nostra patria sarebbero stati risparmiati il danno e la vergogna di venti anni di tirannia ed i dolori e la catastrofe determinati da una guerra ingiusta e non voluta dal popolo!”.
Lui era a Bari, così come Piero Delfino Pesce, Vincenzo Pinto, Filippo D’Agostino e Rita Maierotti, fondatori del Partito comunista nel ’21. Era la città (d’elezione) di Tommaso Fiore che qui perse il figlio, Graziano, una delle vittime della strage di via Dell’Arca.
Ed era la città in cui Di Vittorio si era trasferito a Bari con tutta la sua famiglia già da un anno per dirigere la Camera del Lavoro.
Ed era la città in cui vent’anni dopo Alba de Cespedes da Radio Bari esortava le donne a prendere parte alla resistenza antifascista “credete di non poter far nulla voi chiuse nel giro della vostra vita consueta, casa e ufficio, casa e ufficio, credete e invece io vi dico che potete, voi, proprio voi, col vostro grembiule nero, davanti alla vostra macchina da scrivere, essere altrettanto utili di un patriota o di un soldato”.
In quei primi giorni di agosto di cent’anni fa si combatteva ovunque in Puglia contro gli assalti fascisti. A pochi chilometri da Bari, a Mola meno di un anno prima un gruppo squadrista uccise con due colpi di pistola alle spalle Giuseppe di Vagno, “il gigante buono” come lo definì Turati, lì per un comizio.
Nel luglio del ’21 era stata assaltata la casa del popolo di Andria, a gennaio dello stesso anno un corteo pacifico fu assalito da una banda di squadristi, due giorni dopo lanciarono bombe a mano sulla Camera del Lavoro di Minervino distruggendola. In questo clima di tensione l’Alleanza del Lavoro proclamò uno sciopero generale ad oltranza per il 1° agosto. La linea morbida di Turati faceva crescere malumori e dissensi.
Per proteggere la Camera del lavoro di Bari dall’assalto fascista di Starace e Caradonna, accanto a Di Vittorio si schierarono portuali, ferrovieri, donne e bambini che proteggevano il simbolo della città che lavorava ma anche la moglie di Di Vittorio, la bracciante e sindacalista Carolina Morra che proprio a Bari, meno di un anno prima aveva dato alla luce Vindice.
Tre giorni di scontri, ma alla fine riuscirono a salvare la Camera del Lavoro. Oggi la città ricorda quelle “Anime Resistenti” con una manifestazione al Castello Svevo e una mostra che rappresenta un percorso di memoria tra i volti e le storie dell'antifascismo barese. Il progetto visivo è stato curato da Almanacco Press e vede i disegni inediti dell'illustratrice Mariateresa Quercia. Le 10 illustrazioni raffigurano l'impegno di Giuseppe di Vittorio, Rita Maierotti, Alba de Cespedes, Giuseppe di Vagno, Tommaso Fiore, Benedetto Petrone, Michele Romito. Una tavola è dedicata al carcere di Turi dove vissero giorni di prigionia Antonio Gramsci e Sandro Pertini.