Come sfingi, nel meriggio di una calda giornata, osservano l’intruso con aria di sufficienza, una snobberia ricercata, ereditata nei secoli.
Lasciandosi carezzare dal sole e dalla brezza leggera di una tramontana estiva, guardano gli estranei avanzare lungo il sentiero che costeggia il casolare. Ignari visitatori non sanno che tra poco saranno rapiti dagli sguardi magnetici dei mici desiderosi di coccole. Loro sul muretto a secco in attesa di un guizzo, di un elemento di novità che cambi la routine del giorno, riposano prima che scenda la sera, l’ora migliore per avventurarsi in imprese di caccia, non per sopravvivenza, al sostentamento ci pensano gli umani, ma per il puro piacere di conservare l’istinto del predatore.
Lasciarsi sprofondare nei tuoi occhi in cui l’agata si mescola al metallo … come sabbia fine scintillano vagamente le loro pupille mistiche … e che dolce profumo esala da quel pelo biondo e bruno! È lui il mio genio tutelare! Giudica, governa e ispira ogni cosa nel suo impero; è una fata? O forse un dio? Quando i miei occhi, attratti come da calamita, dolci si volgono a quel gatto che amo e guardo poi in me stesso, che meraviglia il fuoco di quelle pallide pupille, di quei chiari fanali, di quei viventi opali che fissi mi contemplano!”, scrive in tre diverse poesie dedicate al gatto Charles Baudelaire.
Ed eccoli infine muoversi con innata eleganza, curvare la schiena e poi stiracchiarsi sulle zampe anteriori e poi su quelle posteriori pronti a sedurre i passanti, pochi gesti e poi tutto il potere del loro sguardo e le mani carezzano già il loro pelo, e loro soddisfatti delle nuove conquiste premono il loro capo con un invito “continuate, non vi fermate”. Le sfingi hanno raggiunto il loro scopo, ora possono tornare a presidiare il territorio.