Giugno, estate che inizia prima, tempo atteso un inverno, tra pochi giorni i cancelli delle scuole serrati, aperti per le ultime classi.
Esami e poi liberi tutti. Correre verso il mare, la fresca montagna, il viaggio con gli amici, relax, nessun pensiero. Estate, ombrellone in prima fila nell’esclusivo stabilimento, telo posato su uno scoglio impervio. Tuffo dal trampolino o dove l’acqua è più blu. Giugno, il rombo di un caccia è troppo lontano per essere udito.
“È il mese dei prati erbosi e delle rose; / il mese dei giorni lunghi e delle notti chiare. / Le rose fioriscono nei giardini, si arrampicano / sui muri delle case. Nei campi, tra il grano, / fioriscono gli azzurri fiordalisi e i papaveri / fiammanti e la sera mille e mille lucciole / scintillano fra le spighe. / Il campo di grano ondeggia al passare / del vento: sembra un mare d’oro. / Il contadino guarda le messi e sorride. Ancora/ pochi giorni e raccoglierà il frutto delle sue fatiche”. È Giugno per Giosuè Carducci, visione poetica dei nuovi colori pieni di sole dopo i grigi invernali, è un rifiorire nei campi, nella vita. Fioriscono i papaveri. “Una fiammata – i papaveri, / sotto il cielo di giugno”, ricorda Mario Luzi e per Pablo Neruda “Il mese di giugno si distese all’improvviso nel tempo, come un campo di papaveri”.
Giugno e i campi di grano. “Dì, non è bello, quando fa giugno, vedere, / entrare nei granai dei carri enormi pieni / di fieno? Sentire l’odore di ciò che cresce, /degli orti quando pioviscola, dell’erba rossastra? /Vedere tanto grano, le spighe piene di grano, /pensare che quel grano sarà del buon pane?”, scriveva Arthur Rimbaud.
Giugno, trenta giorni, trenta notti, trenta cieli. “Cielo di giugno, azzurra giovinezza / dell’anno; ed allegrezza / di rondini sfreccianti in folli giri /nell’aria” ricorda Ada Negri. In cieli più lontani colonne di fumo di bombe esplose, lontani.