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Banksy, una luce nel Margherita

Banksy, una luce nel Margherita

Nel mistero di una identità ignota il tratto identifica un’opera che non ha firma se non il nome dell’artista che gira il mondo.

Lascia un segno sulle pareti delle città, nei vagoni delle metropolitane. Contro il consumismo, contro le guerre, contro il potere di pochi. Ogni intervento è un messaggio, chiaro, limpido, senza equivoci, una presa di posizione netta che non conosce incerte interpretazioni.

Il teatro Margherita di Bari ospita fino al 12 giugno una mostra di alcune opere di Banksy, anche in questo caso come spesso accade non autorizzata dall’artista che non ama i recinti i confini stretti gli spazi angusti, che preferisce parlare solo attraverso la sua arte lungo muri anonimi. Le opere esposte sono serigrafie di collezionisti privati,  i pannelli grigio scuro mettono in risalto i precisi colori.

 “I più grandi crimini del mondo non sono commessi da persone che infrangono le regole. Sono le persone che seguono gli ordini che sganciano bombe e massacrano villaggi”, “Non possiamo fare nulla per cambiare il mondo finché il capitalismo non crolla. Nel frattempo, dovremmo andare tutti a fare acquisti per consolarci”, le due frasi scritte in bianco su sfondo nero riassumono il pensiero e le opere dell’anonimo street artist britannico.

Avanzare tra i corridoi del percorso creato per la mostra è illuminare uno spazio lontano dal pensiero comune, è conquista di libertà o almeno dell’idea che possa ancora esserci una libera espressione. L’arte di Banksy è avere la possibilità di essere liberi, lo sa bene la bambina con il palloncino, lo sa bene il visitatore.

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