Sono poche strade a delimitare piccole case, una chiesetta nella piazza centrale, in una frazione all’estremo capo, nel basso Salento.
Il comune Gagliano del Capo, la frazione San Dana, come il santo, martire cristiano originario di Valona in Albania, ucciso dai saraceni a pochi chilometri da Montesardo, meta della sua fuga dal santuario di Santa Maria di Leuca nel IX secolo. San Dana, poche case, una masseria, le campagne coltivate, una stele e una statua a ricordare il santo e poi una cripta dedicata a Sant’Apollonia.
Pochi metri fuori paese ben guidati dal navigatore, un piccolo slargo, e una scala. La cripta appare in tutto il suo splendore consumato dal tempo. Il piccolo tempio potrebbe essere stato costruito tra il III e il IV secolo dopo Cristo. Alta due metri, lunga undici e larga sette, le pareti conservano ancora tracce di affreschi, tra le macchie di una umidità secolare, visibilmente danneggiati agli umani imprudenti, Sant’Apollonia, la Vergine con il Bambino, l’Arcangelo Michele, un’Ostensorio, la Trinità con Cristo Crocefisso. Affreschi su affreschi, questo rivelano gli studi, alcuni risalgono all’XI secolo altri datati 1758 e la cripta potrebbe essere del VI secolo fondata dai monaci basiliani.
Venire qui in un pomeriggio di inverno osservare il pilastro centrale a reggere volte celesti di un grigio acceso. Restare ad ascoltare in silenzio una voce impercettibile che pure si ode, scrutare i volti e i dettagli di ciò che resta, osservare l’erba crescere lungo le pareti. Scoprire un sedile e domandarsi chi possa essersi seduto e quali pensieri abbia avuto. Una pioggia improvvisa ad andare via invita.