Sono occhi che dall’alto ci guardano, i rosoni delle basiliche romane simbolo del dominio di Dio sulla terra.
Dante le immaginava come ruote della fortuna, una intelligenza angelica che risponde ad un disegno divino. Tondi come l’infinito i rosoni di Puglia ambiscono a diventare patrimonio mondiale dell’Unesco. L’idea, nell’anno del 700esimo anniversario della morte di Dante, è della Compagnia degli Exsultanti che in un continuo rimando alla Divina Commedia, tracciano “Una galassia di bellezza e di meraviglia, un autentico percorso di luce che si dipanerà lungo un asse territoriale poggiato su tre cantiche: il rosone della Cattedrale di Troia (Foggia), il Rosone della Cattedrale di Ostuni (Brindisi) e il Rosone della Cattedrale di Otranto (Lecce), per proiettare un canto corale insieme ad altri 30 rosoni, in funzione delle rispettive peculiarità” spiega il presidente della compagnia, Antonio Gelormini.
Sarà un percorso inclusivo che abbraccerà tutti, o quasi, i rosoni di Puglia, ognuno unico a modo suo. Dalla bellezza senza fine di quello di Troia con le sue 11 colonnine che incastonano una stella di David a quello della cattedrale di Bari che durante il solstizio d’estate proietta sino a farlo combaciare il suo disegno sul mosaico del pavimento a ridosso dall’altare.
In un gioco di incanti immaginiamo il canto del rosone a 16 raggi della concattedrale di Sant'Eustachio Martire di Acquaviva delle Fonti, monumento nazionale o quello della concattedrale di Santa Maria Assunta a Gravina in Puglia, con il suo bassorilievo dell’Assunta.
Possiamo vederli tutti con la loro storia di bellezza e infinito, che ci rende piccoli quel tanto da riportarci con i piedi per terra e gli occhi al cielo.
Raggi, stelle, mosaici. Raccontano storie che solo gli occhi più attenti hanno la capacità di leggere. I distratti passeranno oltre illuminati inconsapevolmente da quel fascio di luce. Chi saprà soffermarsi, prendersi il suo tempo respirerà il senso di infinito che trasmettono. Quel senso di altro al di fuori di noi che sta scomparendo.
E se saranno 33 come i canti danteschi o poco più, non importa, importa lo stupore e la meraviglia che ci rimanderanno.