“La memoria è al tempo stesso la mia materia prima e il mio strumento. Senza di lei, non c’è nulla” ripeteva Gabriel García Marquez, così quando la memoria negli ultimi anni lo abbandonò non fu semplice per lui scrivere.
Ci vediamo in agosto è il suo ultimo romanzo, edito da Mondadori, a cura di Cristóbal Pera e tradotto da Bruno Arpaia.
Era stato pensato come il primo di quattro romanzi che insieme avrebbero formato un libro sugli amori in età adulta, ma per Gabo “Questo libro non funziona. Bisogna distruggerlo”. I figli Rodrigo e Gonzalo García Barcha, non l‘hanno distrutto e tradendo la volontà del padre l’hanno pubblicato.
Magari di questo un giorno il padre gliele chiederà conto, ma quanto è bello riassaporare Marquez almeno un po’?
“Tornò sull'isola il venerdì sedici agosto con il traghetto delle tre del pomeriggio. Indossava un paio di jeans, una camicia scozzese a quadri, scarpe semplici con il tacco basso e senza calze, un parasole di raso, la borsa e, come unico bagaglio, una sacca da spiaggia. Alla fila dei taxi del molo andò dritta verso un vecchio modello róso dalla salsedine. L'autista la accolse con un saluto da amico e la portò a sobbalzi attraverso il paese indigente, con case di legno, canne e fango, tetti di palma amara e strade di arena ardente di fronte a un mare in fiamme. Dovette fare le capriole per evitare i maiali impavidi e i bambini nudi che lo schivavano con mosse da torero”.
Al centro di questo libro Ana Magdalena Bach che ogni anno il 16 agosto prende un traghetto raggiunge l’isola caraibica dove è sepolta la madre e le porta un mazzo di gladioli, da lei tanto amati. Ogni anno, sempre lo stesso rituale. Sin quando questo rituale non la fa scontrare inaspettatamente contro un amore fugace e passionale che, come scrisse Marquez anni fa, l’avrebbe portata a perdersi e finirsi.
Ed è tutto lì, il sapore della vita, il profumo della vita che Marquez descrive come nessun altro, vivere per raccontarla, citandolo ancora e magari non è il suo capolavoro, ma il gusto è sempre lì, intatto.