È simbolo di bellezza superba e non può che essere così con la sua perfezione e il suo profumo intenso. È simbolo di dignità e perseveranza.
E anche di nobiltà. È la magnolia, fiore grande e sublime. Possono essere bianchi, a forma di stella, i fiori della Magnolia stellata, oppure rosa a forma di tulipano quelli della Magnolia soulangeana, oppure quelli profumatissimi bianchi internamente e rossi fuori della Magnolia Nigra.
L’albero, elegante, lo si ritrova per le strade delle città, nei giardini privati. “L’ombra della magnolia giapponese/ si sfoltisce or che i bocci paonazzi/ sono caduti. Vibra intermittente/ in vetta una cicala. Non è più/ il tempo dell’unìsono vocale,/ Clizia, il tempo del nume illimitato/ che divora e rinsangua i suoi fedeli./ Spendersi era più facile, morire/ al primo batter d’ale, al primo incontro/ col nemico, un trastullo. Comincia ora/ la via più dura: ma non te consunta/ dal sole e radicata, e pure morbida/ cesena che sorvoli alta le fredde/ banchine del tuo fiume, − non te fragile/ fuggitiva cui zenit nadir cancro/ capricorno rimasero indistinti/ perché la guerra fosse in te e in chi adora/ su te le stimme del tuo Sposo, flette/ il brivido del gelo … Gli altri arretrano/ e piegano. La lima che sottile/ incide tacerà, la vuota scorza/ di chi cantava sarà presto polvere/ di vetro sotto i piedi, l’ombra è livida, −/ è l’autunno, è l’inverno, è l’oltrecielo/ che ti conduce e in cui mi getto, cèfalo/ saltato in secco al novilunio. Addio”, scrive Eugenio Montale che ricorda l’albero anche nella poesia La bufera. “La bufera che sgronda sulle foglie/ dure della magnolia i lunghi tuoni/ marzolini e la grandine,/ (i suoni di cristallo nel tuo nido/ notturno ti sorprendono, dell'oro/ che s'è spento sui mogani, sul taglio/ dei libri rilegati, brucia ancora/ una grana di zucchero nel guscio/ delle tue palpebre) / il lampo che candisce/ alberi e muro e li sorprende in quella/ eternità d'istante – marmo manna/ e distruzione – ch'entro te scolpita/ porti per tua condanna e che ti lega/ più che l'amore a me, strana sorella, -/ e poi lo schianto rude, i sistri, il fremere/ dei tamburelli sulla fossa fuia,/ lo scalpicciare del fandango, e sopra/ qualche gesto che annaspa … / Come quando/ ti rivolgesti e con la mano, sgombra/ la fronte dalla nube dei capelli,/ mi salutasti – per entrar nel buio”.
Quando l’albero è in fiore, il profumo è così intenso da sentirsi da alcuni metri, avvicinarsi è rimanere estasiati e storditi. I fiori delicati di infinita bellezza si lasciano carezzare dal vento ispirano sensazioni da tradurre in versi, piccoli doni per chi non resta indifferente.