L’aria è sospesa, il tempo si ferma, l’attesa si scioglie in uno sguardo di ammirazione e devozione quando lei varca una qualsiasi porta.
Il suo incedere è consapevolezza di bellezza alla quale dedicare la propria esistenza. In Vita e morte di Adria e dei suoi figli, Massimo Bontempelli compie un esercizio di stile concentrando in Adria, la protagonista, l’attenzione del lettore che mai si aspetta un colpo di scena ma solo di capire perché una donna decida di dedicarsi esclusivamente al suo pregio, l’essere bella, essere luce che illumina la scena.
Nella nuova veste grafica, edito da Utopia e con prefazione di Marinella Mascia Galateria, il romanzo uscito per la prima volta nel 1930 conserva la sua forza innovativa e narra la storia di Adria, che a vent’anni madre di due bambini, Remo e Tullia, moglie di un marito rispettoso trascorre la sua vita a contemplare la sua bellezza lasciando che gli altri possano, come adepti, ossequiarla nelle sue apparizioni in pubblico.
“Guardò verso il tavolino. Con una mano spinse in là lo specchio che pareva le si porgesse per farsi prendere. Era lo specchio fido; in quello Adria ogni sera da tanti anni si salutava, e dappertutto lo portava con sé, in quello guardandosi, un giorno lontano, aveva stabilito di vivere per la bellezza. Ciò accadde dieci anni fa; ora ella lo sa”.
Dopo alcuni accadimenti Adria decide di sottrarsi alla vista di tutti e di non uscire più di casa, di lasciare Roma e trasferirsi in clausura a Parigi. Trascorrono gli anni i suoi figli crescono senza di lei e senza il padre morto di infarto. Una storia di morte e di vita, capitoli che si susseguono e il lettore non può che chiedersi il perché, cosa abbia spinto Adria a dedicarsi solo alla bellezza. La fine del romanzo è la fine dei dodici anni di clausura.