Il Bello ci obbliga, ci intima di avere riguardo. Bisogna proteggere il Bello. È un compito urgente, un obbligo dell’umanità
quello di proteggere la terra poiché essa è bella, bellissima. Nella prefazione del suo ultimo libro Byung Chul Han, Elogio della terra. Un viaggio in giardino edito da Nottetempo, con le illustrazioni di Isabella Gresser e la traduzione di Simone Anglan-Buttazzi, il monito è chiaro. “Dinanzi alla digitalizzazione del mondo si rende necessaria una sua riromanticizzazione, la riscoperta della terra, della sua poetica, il ripristino della sua dignità di cosa segreta, bella, elevata … dovremmo di nuovo imparare a stupirci della terra, della sua bellezza ed estraneità. Della sua unicità”.
Han torna con la sua filosofia del vivere moderno e con la consueta chiarezza, perfettamente centrato nel mondo parla del suo giardino, nato quasi per caso e diventato imprescindibile per la sua anima e il suo pensiero. Cita Novalis “Nel momento in cui do a ciò che è comune un senso elevato, a ciò che è consueto un aspetto pieno di mistero, al noto la dignità dell’ignoto, al finito un’apparenza infinita io lo rendo romantico”.
Ed è tutto lì, nella ricerca di un romanticismo perduto che passa dalla riscoperta della natura, nella sua grandezza, nello stupore, nell’incanto e nella bellezza. Studia gli alberi, le sue foglie, i rami, i fili d’erba e dice “invidio moltissimo le piante, capaci di rinnovarsi, rianimarsi, ringiovanirsi. C’è sempre un nuovo inizio. Perché solo l’uomo non può?”. Rinascere come un fiore.
Canta gli anemoni, i colchici d’autunno che “conferiscono al giardino un’aura senza tempo. Sono canti dell’alba”, il croco, la rosa di Natale, le ortensie, “inebrianti, a illuminare le ombre”.
Nella terra e nelle sue meraviglie la salvezza, perché “lo sperare è la modalità temporale del giardino, per cui il mio elogio della terra è rivolto alla terra che verrà”.