Il teatro Margherita preclude, al corso Vittorio Emanuele, la vista del mare, interrompe le albe, galleggia ancorato sul piccolo porto di Bari.
Dal lato opposto l’ex teatro apre la lunga linea, fino a dove arriva lo sguardo, che divide l’Adriatico dai palazzi, dagli edifici, dalla città. Pulito, essenziale, elegante con i suoi lampioni a quattro luci, il lungomare Nazario Sauro è la retta che unisce infinito e finito, sogno e realtà, viaggio e destinazione.
Dal 1927 è lì, ha osservato le navi dirigersi verso il porto, altre arenarsi nelle secche dinanzi Pane e Pomodoro, ha guardato gli aerei seminare bombe e altri, le Frecce Tricolore, esibirsi in acrobazie mozzafiato nella festa di maggio di San Nicola, ha sopportato il peso di sparute auto e quello di infiniti autoveicoli nei giorni lavorativi. Lui, il lungomare è testimone consapevole di infiniti passi lenti e tanti veloci, è complice silenzioso di innumerevoli baci scambiati al chiarore della luna con il mare come colonna sonora, è osservatore attento di vita, quella che scorre nella città che lui delimita.
I frangiflutti paralleli alla linea in pietra sono corsie in cui trovano riparo numerosi pesci che abili pescatori amatoriali prendono all’amo comodamente poggiati ad un lampione. Un gabbiano affamato sottrae in picchiata un grosso pesce dal secchio. Ladro per facile necessità.
I palazzi istituzionali, eleganti fortezze, resistono imperterriti alla furia del sale. Il lungomare Nazario Sauro è tappa necessaria visitando Bari, osservare l’Adriatico, sognare un viaggio, guardare il passato e proiettarsi nel presente scegliendo di lasciare la città percorrendo l’Adriatico ponte.