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Le città invisibili, da Calvino a Cristoforetti

Le città invisibili, da Calvino a Cristoforetti

Di tutte le città invisibili che silenziose attraversiamo inconsapevolmente, solo un nuovo tempo, libero dal disordine naturale ce le rivela.

“La vita d’una persona consiste in un insieme d'avvenimenti di cui l’ultimo potrebbe anche cambiare il senso di tutto l’insieme, non perché conti di più dei precedenti ma perché inclusi in una vita gli avvenimenti si dispongono in un ordine che non è cronologico, ma risponde a un'architettura interna”.

Calvino in Palomar raccontò il lungo concatenarsi di piccoli tasselli apparentemente senza un filo logico, ma che alla fine si ritrovano uniti da un filo invisibile che dà loro un senso. Una trama. 

Lo stesso filo cercato da Samantha Cristoforetti, astronauta dell’Esa,  nel suo libro “Diario di un’apprendista astronauta" edito da La nave di Teseo.

“Ho cercato la chiave di volta di un progetto di vita che è stato un lungo apprendistato di astronauta, di donna e di essere umano. Ho cercato una chiave di lettura a ritroso, proprio come Calvino”.

La Cristoforetti racconta il mondo con le sue mille città invisibili,  visto dallo spazio, durante una delle interviste del Salone del Libro di Torino, che adotta quest’anno una veste completamente virtuale. Un modo di esserci pur nell’assenza.

E quell’apprendistato di astronauta, di donna e di essere umano si svuota dagli inutili orpelli e si veste di essenzialità “come diceva Anna Arendt ci si accorge dell’irrilevanza senza peso degli affari personali dedicandoti a portare avanti qualcosa di più grande di te”.

Samantha vive sempre in equilibrio tra mondo e spazio che altro non è che “un continuo gioco di lontananza e vicinanza. Un continuo dialogo, mai un conflitto”.

“Se ti dico che la città a cui tende il mio viaggio è discontinua nello spazio e nel tempo, ora più rada ora più densa, tu non devi credere che si possa smettere di cercarla” racconta Italo e in quella discontinuità Samantha cerca e vive l’alternarsi di albe e tramonti, ogni 90 minuti, di orbite in cui sorvoli solo distese di mare “che mi infondono un senso di pace, di eternità. Quando la luna si riflette nel mare sprigiona una luce che è commovente”. Poi si incontra la Terra “e quelle cicatrici, i monti, i crateri, sono una interruzione di pace ma al tempo stesso mi hanno infuso un senso di comprensione del tempo storico”.

Ci sono poi le nuvole che “non mi impediscono di vedere il sole, il cielo e le stelle, ma a volte possono impedirci di vedere i luoghi amati”.

Nell’essenzialità del necessario, la prima astronauta italiana, laureata in ingegneria meccanica, in Scienze aeronautiche, ufficiale dell’Accademia aeronautica di Pozzuoli, vincitrice della sciabola d’oro, onorificenza conferita al primo del suo corso per tre anni consecutivi, guarda le nostre città invisibili così come le vedeva Calvino. Dove i luoghi si scambiano forma, ordine, distanze e sono solo un pulviscolo informe che invade i continenti.

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