Lì da tempo immemore, quando Bari doveva essere un’isola nei sogni architettonici di una duchessa
le mura che cingono e raccolgono la città vecchia hanno retto alle scosse del tempo, anche se dei quattro baluardi a sua difesa ne sono rimasti solo due: il fortino Sant’Antonio, punto più alto della città e Santa Scolastica, oggi rinato museo.
Gli altri due (i torrioni di San Domenico e del Vento), vittime del “delirio delle demolizioni” che nel 1800 cambiò il volto della città sono stati cancellati per sempre.
Restano però quei quattrocento metri che abbracciano Bari e le 23 colonne di templi romani, che raccontano una storia in parte dimenticata, il cippo 128 della via Traiana e una colonna della chiesa di San Gregorio de Falconibus, ormai polvere portata via dal vento.
Di una città che non sempre ricorda il suo passato, ma che a volte lo nasconde tra le pietre di una muraglia, andrebbe riportata alla luce anche la piccolissima cappella costruita sulla base del fortino, dedicata sempre a sant’Antonio Abate, che ha aiutato Bari a sopravvivere alle due ondate di colera che l’hanno investita.
E se gran parte di questa storia è in ombra, che luce sia su questa imponente muraglia che non divide, perché si sa Bari è una porta non un muro, ma che segna l’inizio di una città votata al mare, che si ammira camminando su via Venezia dall’alto per scorgere profondità o sul lungomare Imperatore Augusto, dal basso, per sentire gli odori e percepirne gli umori.
Oggi la muraglia non è più baluardo di protezione, ma opera da ammirare, con una illuminazione artistica che da piazza Ferrarese arriva sino a Santa Scolastica. Centotrenta punti luce a led, in nome del risparmio energetico, di colori cangianti per consentire di creare scenari di luce differenti per ogni occasione, un dono che Enel Italia ha fatto alla città di Bari. Per illuminare ciò che per noncuranza e distrazione tendiamo a lasciare in ombra.