Il 13 maggio 2016 alle 15.23 la terra tremò. Non troppo forte, un avvertimento di quello che sarebbe stato.
A quel primo sisma nelle Marche ne seguirono altri, l’ultimo, il più forte, il 30 ottobre, quando ancora tutti dormivano. Erano le sette e quaranta di una mattina di autunno e la terra fu scossa, tanto da ferirla, fratturarla, spaccarla in due. Più forte che in Irpinia nel 1980. Una magnitudo 6,5. Tra il 2016 e il 2017 le scosse si sono susseguite in gara parte del centro Italia, lasciando 41mila persone senza una casa. Trecentotre morirono. Lasciando l’Italia sospesa nell’incredulità di una violenza senza fine. Si scavò tra le macerie per salvare persone e cose. Per non perdere completamente l’identità di un territorio. Furono salvate anche alcune opere d’arte nelle chiese di tutta la regione e ora, dopo sei anni, quelle opere tornano ad essere ammirate, non nella loro casa, le chiese sono ancora inagibili, ma nel neonato Museo dell’arte recuperata, il MARec di San Severino Marche. Il museo che fa capo alle arcidiocesi di Camerino e San Severino è una dimora provvisoria, sin quando le opere non potranno tornare al loro posto. Un luogo in cui tornare ad essere quello che sono sempre state. Corpo e anima di un territorio.
Ad ospitarle e proteggerle sarà il palazzo vescovile, costruito nel 1590. Passato indenne dal sisma del 2016 dopo esser stato ferito da quello del 1997.
Settanta opere d’arte, accostate rispettando la loro originale provenienza geografica. Dalla Madonna del Monte di Lorenzo d’Alessandro alla statua lignea della Madonna di Macereto, dai dipinti del Pinturicchio a quelli di Giovanni Boccati, Pietro Alemanno e Lorenzo d’Alessandro.
Un museo, gratuito, per consentire a quante più persone possibile camminare tra quelle sale recuperando la memoria di ciò che è stato e che sarà.