Visioni d'insieme

La vita perfetta di William Sidis, Morten Brask

La vita perfetta di William Sidis, Morten Brask

Un perfetto pesce fuor d’acqua in un mondo non abbastanza suo da comprenderlo e farne parte.

William Sidis l’uomo più intelligente del mondo, ha vissuto ogni giorno della sua vita ai margini. La vita perfetta di William Sidis, scritto dal danese Morten Brask, tradotto da Ingrid Basso ed edito da Iperborea narra, romanzandola, la vita di William Sidis l’uomo più intelligente mai esistito, con un qi che oscillava tra i 250 e i 300 punti. A sei mesi pronuncia le prime parole; ad un anno parlava correttamente inglese. A sei anni parlava e scriveva francese, russo, tedesco, ebraico, turco ed armeno. A 11 fu ammesso ad Harvard. Un genio assoluto, ma anche un alieno in una società troppo diversa da lui. Il padre – professore di Harvard – lo trattò come una cavia, la madre – docente di Harvard – pretendeva l’impossibile da lui, i compagni di scuola prima e di università poi lo bullizzavano. I professori di Harvard non erano uno stimolo per lui che spesso trovava pecche e lacune nelle loro lezioni. Un alieno in un mondo in cui non ha trovato un punto di contatto con nessuno o quasi. Ad un giornalista ancora adolescente disse “Vorrei vivere la vita perfetta. L’unico modo per avere la vita perfetta è viverla in solitudine”.

Il libro di Brask, racconta di come un genio capace di rivoluzionare il mondo intero sia in realtà vissuto ai margini della società, lo racconta con dolcezza e poesia “Il cielo sprofonda su Boston. Una nebbia fitta si stende sui viali della città, inghiotte le chiome degli alberi, le statue, i lampioni sospesi. Cala sull’asfalto e sul selciato, filtra nelle cantine, passa attraverso le grate delle fognature, fino a insinuarsi nei tunnel della metropolitana. Nelle strade l’aria è madida, i grattacieli scompaiono piano dopo piano in quell’opacità bagnata, muri, finestre e tetti si dissolvono nel grigio. Sul marciapiede i passanti camminano chini attraverso le nuvole scese a terra. Si asciugano i volti bagnati con fazzoletti e procedono cauti rasentando le vetrine dei negozi. La nebbia penetra ovunque, sotto l’ala dei cappelli, attraverso la stoffa dei vestiti, appanna le lenti degli occhiali. Assorbe i suoni rendendo la metropoli stranamente silenziosa: lo scalpiccio ritmico delle suole di cuoio, le finestre che sbattono, il vocio della gente, i motori delle auto, ogni rumore svanisce nella città accecata”.

Si innamora una sola volta, vedendo in lei “qualcosa di più forte, di più importante della semplice bellezza, un’energia, una presenza, una capacità di riempire lo spazio, di non aver paura”.

Era un pacifista, perché le guerre non hanno mai cambiato niente, socialista e anticapitalista, traduceva agli immigrati di ogni nazionalità manuali e manifesti di rivendicazioni salariali e sociali, dove “le voci isolate diventano parte di un fragore, tutti lo sentono, quel crescendo, quel diventare qualcosa di più grande di sé, dal singolo al gruppo, un movimento”. Passò tutta la vita cercando di rendersi invisibile, abbassandosi, sminuendosi, nello sforzo costante di sbagliare per non appare ciò che era, la mente più grande di sempre.

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